Friday 18 January 2013

When We were kings

Volevo dirvi una cosa a proposito di Bambini.
Io da piccolo guardavo i Barbapapa'.
Barbapapa' era maschio e rosa.
Molti di quei bimbi che, come me vedevano quel Cartone Animato, oggi non sono omosessuali, hanno solo acquisito una coscienza che non fa distinzioni di genere e non associa immagini  a stereotipi.

Barbamamma' era nera.
Probabilmente era venuta qualche generazione prima da un altro paese, ma dopo anni lavorava e pagava le tasse nel paese che aveva adottato.
Chi ha riflettuto su questo e' pronto a riconoscere diritti a chi
segue i doveri di rispettare le leggi e pagare per i servizi della comunità'.

Grisu' che era un drago che voleva fare il pompiere.
Era interessante vederlo arrabattarsi per riuscire a diventare qualcosa che era contro la sua natura.
Secondo me quei bambini oggi sono più' pronti a credere che niente e' impossibile, capiscono cosa significa soffrire per 
realizzare i propri sogni a dispetto delle circostanza contrarie.
Inoltre quei bambini oggi son più' inclini al fallir tentando (e infatti oggi votano centrosinistra).

Volevo raccontarvi che prevedo che la figlia di una mia amica cresciuta a principesse Disney si già' divenuta una spaventevole mini-arrampicatrice sociale.
Volevo dirvi che dentro ognuno di noi, tenendo in conto la dieta e del credo politico (i comunisti mangiano gli infanti, i vegetariani, no), c'e' un bambino.

Volevo dirvi che secondo me e' importante come lo si nutre quel bambino, a proposito di bambini.
Volevo dirvi anche altre cose, ma ho visto che e' iniziata a 
cadere una soffice neve per cui rimane una cosa sola da fare in caso di nevicata: caricare l'ipodio con la musica di Sufjan Stevens e andare a correre ignudo per il parco sotto casa. A proposito di bambini.

Altri post: 1, 2. 
Bonus Track (Tilly and the Walls: Lost Girls): 3

Wednesday 9 January 2013

Lo Sposalizio. La compagnia dell'anello.

...e cosi’ ho raggiunto quel punto della vita di un uomo da cui non si puo’ piu’ tornare indietro. Quella firma che separa un “prima” di spensierata et celibe libertade, da un “dopo” di impegnata e seriosa vita familiare.
Ovviamente, sto parlando della firma del contratto del fotografo del mio futuro matrimonio.

Ora se uno deve andare a cercare un momento in cui tutto e’ precipitato, lo potrei ritrovare nella mia prima visita a New York, ormai due mesi fa.
Giunti nella grande metropoli dibattemo coi colleghi brevemente su quale fosse il primo luogo andare a vedere.
Io proposi di andare raggiungere Zuccotti Park dove potere discutere istanze con i compagni che combattevano da ormai piu’ di un anno l'impari lotta contro Wall street.
I miei colleghi, invece mi de-portarono da Tiffany, per fare acquisti, approfittando del dollaro svalutato (loro, non io).

Ecco, a dirla tutta, io fino ad allora avevo tenuto Tiffany neurone cinefilo-cinofilo (film da cani) che conteneva titoli come Colazione da Tiffany o i film con Luc Merenda. Scoprire che Tiffany non fosse un luogo dedito a cappuccino e cornetti, ma ad anelli e diamanti mi fece giungere ala conclusion che se c’erano due lati nel capitalismo, io fino ad ora dovevo avere vissuto in quello sbagliato.

Fu cosi che, caricato da questa nuova coscienza presi a scrivere una mail in cui battevo  la scarpa con l’impeto di un Nikita Krusciov pretendendo, col nuovo contratto un attenta rinegoziazione dei miei diritti lavorativi. 
Ora, sara' che ho impressionato chi doveva prendere le decisioni (e forse li avevo sorpresi con l'attachment Scarpa.jpg). Sta di fatto che il 18 Dicembre mi sono trovato davanti un contratto a tempo indeterminato, il primo della mia vita.
Un nuovo ruolo, titolo, responsabilita' e stipendio. In un certo senso era il termine della mia garrula fanciullezza (alla tenera etade di 35 anni).

Come d'incanto, tutte le condizioni che avevo anteposto al matrimonio s'erano avverate: non avevo piu' scuse.
Probabilmente avrei dovuto anteporre altre cose, che so io: la pace in Palestina, Berlusconi che sconta veramente i 4 anni di carcere a cui e' stato condannato, o altre cose che rendono il mondo migliore.
Avere dalla parte mia (e ancora di piu' di mia madre) un universo interso che confabula perche' si avveri cio' che spero, mi diede un senso di onnipotenza.

Vieppiu' che, avendo realizzato una parte dei miei bi-sogni, dovevo inventarmi dei desideri nuovi di zecca da dover realizzare.
Fu proprio in questo delirio di onnipotenza, onnivegenza, onnivoria (intanto ero tornato in Sicilia), mi giunse la notizia che in realta' lo sposo non ha nessuna voce in capitolo nell'organizzazione del suo matrimonio.
<continua> 

Tuesday 18 December 2012

Dio e' morto, ma per fortuna Francesco sta bene.

♪ e insegue una maturità, si è sposato, fa carriera ed è una morte un po' peggiore...
Benedetta, la ragazza del mio primo bacio, conosciuta a un campo scout, suonava la chitarra e cantava Guccini. 

Fu cosi' che ascoltai Francesco Guccini e cosi' iniziai ad amare le sue canzoni.
Forse le canzoni mi sarebbero piaciute anche se non le avesse cantate lei. Benedetta cantava spesso anche "Comandante Che Guevara" ma non per questo mi sono unito alla rivoluzione Cubana.


Le canzoni di Guccini sono cosi', le incontri per caso e diventano memoria storica e coscienza collettiva.

Molti delle storie delle sue canzoni vengono dalla cronaca: il suicidio di Jan Palach nella "Primavera di Praga",  i test nucleari di Lop Nur raccontati ne "L'atomica cinese", l'assassinio di Carlo Giuliani in "piazza Alimonda".  
Francesco ha sempre saputo trovare parole cesellandole e battendole a fuoco come un fabbro, abile artigiano che lavora le storie fino a farle diventare piu' fine e grandi, capaci raccontare la Storia quella con la "S" maiuscola; quella che appartiene a tutti noi.
Immaginate la vicenda di Pietro Rigosi, l'anarchico ferroviere che s'impossesso' di una locomotiva lanciandola a tutta velocita' contro un treno di lusso.
Immaginate un giornalista d'oggi che racconta il caso; parlerebbe di terrorista assassino, perfidia politica e ira dissennata.
Guccini invece non mette a fuoco il fochista (perdonate il gioco di parole). Dice: "non so che viso avesse o di che colore i suoi capelli….ma gli eroi son tutti giovani e belli*"
Francesco ci spiega quale fosse il panorama su cui si stagliava la locomotiva, fatto di ricchi troppo ricchi e poveri senz'altra via d'uscita che il disperato gesto di ribellione. 
L'eroe lancia la macchina, il progresso, contro gli sfruttatori, nel nome della giustizia proletaria e dell'uguaglianza.
Io per anni ho pensato che, se non fosse stato deviato su una linea ferroviaria morta, oggi avremmo una società' più' giusta.

Che le sue parole affascinino non v'e' dubbio. Pensate alla canzone "Autogrill".
Si dice che frotte di giovinastri, nell'estate dell'1983, facessero su e giù' per l'A1, alla ricerca di un piccolo autogrill e di una barista di cui avevano una descrizione ben precisa:
"Bionda senza averne l'aria, quasi triste come i fiori e l'erba di scarpata ferroviaria".


Ricordo certe frasi che, cantate a 14 anni, non capivo cosa significassero: nella "canzone della bambina Portoghese", una bambina in spiaggia, al limite del continente, rimane assorta a guardare l'Oceano cercando di comprendere l'universo. Finche' "
 il caldo l'avvolse, si sentì svanire e si mise a dormire e fu solo del sole, come di mani future ;
A quei tempi capii' la confusione della bambina, anni dopo, anche le mani future.


Altre cose che capii' col tempo: quando iniziai ad ascoltar Guccini
l'Eskimo non si usava già' più' e non sapevo cosa fosse....Invece la frase: 
"L'amore fatto alla "boia d' un Giuda" e al freddo in quella stanza di altri e spoglia: vederti o non vederti tutta nuda era un fatto di clima e non di voglia!"Ecco, io quel freddo, ci misi anni a capirlo....e sono ancora raffreddato.
Di certo che certe canzoni di Guccini son come il vino: migliorano col passare del tempo.
Guccini ha sempre scritto di cose reali, di un frigo che dopo un blackout riparte e "con toni rochi e tristi scatarra versi futuristi" (notare che Guccini, pur avendo un difetto di pronuncia sulla "r" non ne fugge una, anzi a volte mi pare proprio che vi si crogioli) quasi se le vada a cercare: per esempio in Bisanzio" dove dice: "astronomo, ridotto come un cieco a brancicare attorno". Mica dice "studioso delle stelle, finito come un non vedente che va a tentoni"?...e poi le piccole storie di persone esistite come Amerigo, l'emigrante non compreso o Cencio il nano che fugge col circo, "realtà capovolta, mondo di uguali perchè tutti strani", o ancora i miti, personaggi storici o letterari: Van Loon, Cirano, Che Guevara, Don Chisciotte, Cristoforo Colombo, Odysseus. Un Calidoscopio di storie consuete, forse piccole e suggerite da un bicchiere di rosso forte, ma non per questo storie minori o lontane (l'aborto in piccola storia ignobile o la scelta tra due donne, in Scirocco).

…e poi la sua vena allegra comica, da risate grasse: come ne "La Genesi", Fantoni Cesira le altre canzone dell'Opera Buffa o nella sincera, bellissima, poco conosciuta "gli amici". 

Francesco, ho sentito che il disco "l'Ultima Thule", segnerà il tuo ritiro dalle scene.
A me dispiace che non tu non voglia più' cantare.
Ma volevo ringraziarti per quello che mi hai raccontato finora. Continuerò ad ascoltare le tue canzone perche' mi ricordano persone e cose, anche se alcune di queste oggi non mi sono più vicine.
E imparerò a dare nuovi ricordi alle
tue vecchie canzoni. Continuero' ad ascoltare i tuoi Cd, la prima canzone che metto quando parto per un viaggio: "canzone per un amica". E' stata la prima canzone che ha suonato il mio primo autoradio e finora non ho mai fatto incidenti.
Ricordero' i tuoi concerti con Vince, Flaco, Ellade e Ares.

 

Ieri ho preso una buona bottiglia di rosso.
Lo berro' alla tua salute, al mondo che, partendo da
via Paolo Fabbri 43 hai raccontato e di cui sei custode e vate.
Non so perche' tu abbia deciso di non suonare più'. Forse, dopo il matrimonio del secolo, l'anno scorso, ti sei reso conto
che ti sei sposato, hai fatto carriera. 
Forse hai voglia di scrivere libri in prosa.
Forse con gli anni i ricordi  le storie vissute si accumulano e pesano e si finisce col fare la fine dei nonni che raccontano di storie vecchie.
Di quei tempi  quando un tempo le cose erano piu' semplici.  Raccontare queste cose a una generazione che non sapra' mai "il sapore dell'uva rubata a un filare" sembra sprecare fiato.

Tutti abbiamo avuto un nonno così. Il mio aveva degli occhiali spessi che gli facevano gli occhi ancora piu' grandi, placidi e buoni.
Raccontava tanto, a volte lo ascoltavo, a volte no.
...e se potessi tornare indietro, quando mio nonno raccontava quelle storie, gli avrei detto: "
mi piaccion le storie, raccontane altre". 


Altri post a tematica Gucciniana (apocrifa) 1.
 

Sunday 9 December 2012

Natale a New York

Ok, lo so, il titolo sembra un cinepanettone...
Quando, agli inizi di Novembre sbarcai a New York, mi aspettavo di vedere gia' tante luci di Natale, invece in giro non c'erano tante decorazioni.

Parlando con gli indigeni mi spiegarono che tutti aspettavano il giorno di Thanks giving.
Perche' per una società' multiculturale, il Natale non e' la festa dell'anno. Certo a Dicembre, i cristiani festeggiano il Natale e gli ebrei Hanukkah, ma la maggiorparte della gente di religione diversa non ha motivo per festeggiare.
Il Thanks giving e' diverso: perche' tutti, indipendentemente dal background etnico o etico, hanno o vogliono fermarsi un giorno per dire grazie per cio' che hanno e per cio' che si e' (tutti tranne i tacchini).
La cosa e' così sentita che per trovare un ristorante crumiro che lavorasse quel giorno ho dovuto percorrere diverse miglia. 
Passato il Thanks Giving day, si sono accese le luci sul Natale, questo si, eccessivo e pacchiano come te lo aspetteresti: un Americanata.
Le compilation di musiche natalizie sono una piaga che imperversa dappertutto e in modo continuo. Immaginate cosa significhi sentire per giorni e giorni Mariah Carey che canta
"All I want for Christmas is you".
 
Ce n'e' abbastanza da i scatenare una violenza belluina. Poi dicono che in alcuni stati vogliono rendere più' semplice il possesso di armi da fuoco (open carry), ….secondo me potrebbero farlo solo nei luoghi dove e' vietata la vendita di compilation di Natale di Mariah (Free Carey).
Gli alberi di Natale fungono da espositori dove attaccare decorazioni natalizie fatte in vetro che luccica e brilla, perché' in questi giorni tutto deve essere cosi' e noi gente grevia, ci sentiamo sempre un po' fuori posto. 
Io lo capisco quel pastorello del presepe che fa il cacciatore e con l'archibugio mira a un pavone con un faccia sorpresa. Infatti pensa, che cavolo ci faccio qua nell'anno zero con un arma che sarà' inventata 14 secoli dopo? Avro' problemi coi legionari romani che, con le loro lance, mi guardano di sottecchi?
Io la bellezza del Natale non la vedo nelle luci, ma nella tradizione, anzi nella ripetizione. Ogni Natale si succede uguale. So gia' dove starò' seduto a tavola, cosa cucinera' mia madre, quando tutti siamo a cena e quando il campanello suonerà', i bambini (che nel frattempo son diventati grandi) diranno: "Ecco Babbo Natale" invece sarà' mio cugino, che e' sempre in ritardo.
Ieri sera sono arrivato a casa, dopo un lungo viaggio.
La casa era fredda e, dopo aver disfatto le valigie e caricato tre lavatrici, e steso il tutto, sembrava di stare in mezzo a un campo di battaglia.
Proprio allora ho notato un post it sulla porta.
Lo leggo, e' la mia scrittura. Dice: "l'ultimo pacco di gocciole e' nella madia in cucina".
 
Non ci pensavo più' ed effettivamente, dopo mesi di cucina esotica ho proprio voglia di una bella tazzone di latte, con un pacco di Gocciole.Ieri sera, in mezzo alla confusione più' totale, in una casa fredda, c'era qualcosa di consueto e conosciuto e caldo.
Ho riflettutto che il Natale per me e' questo. Un momento di pace che arriva ogni anno a spazzare via la confusione.
Le foto di questo post le ho fatte io (tappetino escluso). 
Altri post che parlano del Natale: 1, 2, 3.

Saturday 1 December 2012

Cronache dal nulla: una visita al Missouri. Terra' e liberta'.


La Manhattan di New York, la grande mela, la conoscono tutti.
La Manhattan di Kansas City, detta la piccola mela, non la conosce nessuno, e per dire la verita’ non ci tenevo a conoscerla nemmeno io.
Ma com’e’ come non e’, eccomi qua a Kansas City (che non e’ in Kansas ma in Missouri), ed e' la citta’ dell’ “OrnitologoCharlie Parker.
2 giorni fa ho preso una macchina lasciato St.Louis e attraversato il Missouri.
Uscito dell’aeroporto, presto la civilizzazione e’ scomparsa, lasciando il posto al vuoto.
C’e’ una lunga strada che attraversa il niente. Ai lati di questa strada si vedono un sacco di cartelli ma e’ chiaro che sono li’ per la strada e non viceversa. 
Molti cartelli sono pompe di benzina (la benzina qua e’ 0.92 €/L….ma gli americani con me dicono che qualche anno fa era molto piu’ economica). 
Oltre quei cartelli c’e’ il vuoto. Sonoin the middle of nowhere” come dicono gli indigeni, o “dunni lu Signuri persi li scarpi”, come dicono gli autoctoni Siciliani.
Scende la sera, le machine si fanno piu’ rade, tra un uscita autostradale e la successiva possono intercorrere diverse miglia.
Si vedono solo I fari della macchina che illuminano una porzione di niente, una pianura fin dove arriva l'occhio.
Penso che sia un paesaggio a cui non sono abituato: il niente.
In Europa tutto e’ uno  costruito sopra qualcosa che e’ gia’ esistito. Consci di cio’ si e’ obligati a costruire in maniera da integrare cio’ che e’ stato per non infastidirlo.
Qui, invece e’ tutto spazio libero. Nonostante cio’, le citta’ sembrano volere appropiarsi di un passato che non e' il loro. Saluto le uscite per Cuba, Eureka, Salem, Vienna (tutte in Missouri).
A st.Luois c'e' il Gateway Arch perche' questa una volta era la porta del west. Chi arrivava qua si lanciava alla conquista di un pezzo di terra verso il  miglio quadrato di speranza che avrebbe dato la liberta' dai padroni.
A Cuba (Missouri) prendo un pezzo della Route 66, oramai una vecchia statale usata pochissimo, visto che in questo punto corre parallela all’autostrada a 4 corsie.
La Route 66 mette tristezza. Penso a “Furore”, penso a quei contadini che dopo avere coltivato il suddetto miglio quadrato, guadagnato con la corsa all’ovest, avevano sfruttato e impoverito le coltivazione che oramai non producevano che polvere.
La Route 66 indicava dove migrare, verso la California, inseguiti dalla Dust Bowl (vedi foto) e dalla fame della grande depressione. Verso il mare della California.
Perche’ e’ vero che questa terra e’ da riempire e lascia liberi di fare cio’ che si vuole.
Eppure la liberta’ inebria e non conosce limiti, nemmeno quello che dice che sfruttare un giardino senza cambiare cultura lo trasforma in un campo dove cresce solo la polvere (causa dei dust bowl). 
La notte non e’ fredda, abbiamo mangiato in un ranch un bufalo, la camaro rossa sfreccia rumorosa bevendo benzina come niente(lo so e’ una macchina da tamarri, ma ve l’ho detto, la liberta’ inebria e induce a fare cazzate).
E poi lasciando St.Louis s’e’ passati dalla cerebrale “Road to Nowheredei talking Heads, a “Going Nowhere” di Elliot Smith. Poi, una volta nella piana, solo Radio Redneck 101  ad ispirare la parte piu’ bovara della mia anima.
Inizio a capire questo posto, la liberta' che ispira, immagino che i prossimi post potrebbero avere l’odore del tobacco da masticare, con lunghe descrizioni della lenta vita bucolica che scorre all'insegna dell’elegia del west.

Poi, parlando con un indigeno (inteso come cowboy, non come indiano), mi dice che lui si sveglia ogni mattina alle 5.
Immediatamente ricalcolo le mie priorita' e accelero verso l’aeroporto di Kansas City, che si torni nella Manhattan vera, l’unica che noi fighetti metropolitani riconosciamo.
Tornero' a Central Park, a fare cio’ che piu’ mi aggrada: leggere, chiedermi che fine fanno le anatre di Central Park quando tutto ghiaccia. Mangiare al Thailandese, dove in questo peirodo fanno un ottima anatra all’arancia (localmente cresciuta).

Friday 23 November 2012

In a cold NJ night...


Quando arriviamo all'aeroporto di New York, per prima cosa devo andare a prendere la macchina.
Siamo in 4, ma sono l’unico che ha una patente per guidare dal lato giusto della strada: the right side. Quindi la responsabilita’ e mia e tocca a me guidare. (Yuppi).
La segretaria ha affittato una macchina da 100$/ giorno.
Si trattera' forse di una macchinona grossa alla texana, con tanto di corna anteriori? No….e’ solo un Minivan. Ma appena vedo la macchina penso, minivan il cazzo.
E’ un piccolo autobus, che di mini non ha niente. La mia macchinina "ELISA", che da paraurti anteriore ad alettone posteriore sara’ 3 metri, potrebbe starci dentro confortevolmente.
Salgo sulla bestia e trovo che ha il cambio automatico all’americana. In realta’ non mi ci trovo male: e’ uguale a quello delle macchinine elettriche dei bambini: marcia Avanti, marcia indietro, marcia folle e marcia per il parcheggio. Si guida facilmente….anche troppo.
Improvvisamente riconsidero l’idea di quelli che fanno la route 66: immaginate fare una strada lunghissima, diritta e che attraversa il vuoto….e nemmeno un cambio marcie con cui giocare. Non e' avventura, ma noia.
La macchina fa tutto in automatico: accende le luci se ce n’e’ bisogno, chiude anche il babagliaio da sola….penso che questo paese mi rendera' pigro (non che in genere io sia propriamente ipertiroideo).
Sulla macchina, accanto al posto del guidatore c’e’ uno schermo per vedere film, foto o quello che sia. 
Giro sulla radio. Le stazioni radio sono interessanti:  il precedente utente ne ha registrate un po’, sono solo radio cristiane o gay radio. Non ho tempo di cercare le stazioni, s’e’ fatto tardi e voglio solo arrivare a Princeton e andare a nanna. 
Ci mettiamo in viaggio, penso alla "cold New Jersey night" cantata da Bob Dylan in Hurricane, o alle tante ballate di Bruce Springsteen sul NJ.
Invece viaggiamo con questa musica che me paro Renato Zero al raduno di CL. All’arrivo abbiamo una visione piu’ gaia della vita, seppur non scevra da sensi di colpa.
L’albergo da su una foresta,  A causa del jet-lag sono sveglio.
Penso a una persona che in quell momento sta facendo un viaggio in nave, ho visto in mare un po’ di onde e spero che siano abbastanza da cullarla, ma che non la facciano star male.
So che in questo momento lei vorrebbe sapere se sono arrivato, se sto bene.
A volte penso che tutto cio’ non abbia senso: l’amore ti fa preoccupare per una persona che a sua volta si preoccupa per te.

Non sarebbe piu’ semplice se ognuno si preoccupasse solo di se stesso?
Forse si, ma ad occuparsi di se stessi ci si annoia. 
Come quando cucino per me (al massimo una tazza di latte) o quando devo cucinare per 2 (libagioni).
Allora penso che preoccuparsi per gli altri e’ un piccolo prezzo da pagare, rispetto alla magia di stare insieme, di sentirsi vicini, anche quando si e’ lontani.
Guardo in alto e so, che, in un posto lontano, sotto la stessa luna gigante, qualcuno mi pensa.
E felice mi addormo.

Sunday 11 November 2012

L'unica Capitalista buono e' un capitalista saggio.

Conosco l'epoca dei fatti, qual' era il suo mestiere: i primi anni del secolo, miliardario, petroliere,
i tempi in cui si cominciava la guerra santa dei pezzenti con il padrone che possedeva tutto e l'operaio, che poteva solo lavorare per sfamare la famiglia. Non c'era diritto all'istruzione ne' diritti per i lavoratori.


Nel 2005 ero a New York mi ospitava Valentina, che allora faceva la ricercatrice alla Rockefeller University.
Il motto dell'università' e' conoscenza per il bene dell'umanità'. Certo, era un università' privata americana, con rette altissime, ma il suo fondatore, che qualche anno prima aveva fondato anche l'Università' di Chicago, era John D. Rockefeller il ricco petroliere di cui parlavo prima.


Nei primi anni del secolo i soldi si facevano col petrolio e l'acciaio.
Andrew Carnagie, era il magnate dell'acciaio, e filantropo. A new York ci sono varie biblioteche pubbliche, alcune di
queste sono state fondate da Carnagie. Carnagie,  fece costruire 2509 biblioteche per permettere di accedere alla conoscenza anche a chi non avesse le possibilità' economiche.

Anche nei musei di stampo anglo-sassone l'ingresso e' gratuito.
Il Metropolitan museum e' uno dei musei più' belli che abbia mai visto perché' contiene arte di tutto il mondo.
Ricordo di avere visto li' per la prima volta l'arte orientale: le stampe della Grande Onda Da Kanagawa o l'arte minimalista Giapponese che avrebbe influenzato anche Van Gogh.
Guardando quelle linee semplici, capii che fino ad ora, guardando i musei europei, avevo guardato al concetto di arte da un solo punto di vista.
Il fatto che fosse il punto di vista espresso dalla mia cultura non lo rendeva migliore degli altri.


Il Metropolitan Museum si apre su Central Park.
Un parco immenso, vivo, secondo me la cosa più' bella di New York.
Ricordo che non avendo un granché' da fare e nessun soldo da spendere passavo le giornate camminando per il parco.
Ricordo di aver giocato a calcio con dei Brasiliani conosciuti la', assistito a prove di opere teatrali, guardato acrobazie con i pattini, disegnato una veduta del castello del belvedere, sul lago.
Il momento più' bello la' al parco era alle 12.00, quando la gente usciva dagli uffici per la pausa pranzo.
Si allentava la cravatta, si toglieva le scarpe e si stendeva su un prato.
Attorno si vedevano grattacieli, simbolo dell'alta densità' umana che mi circondava, ma Central Park era verde, immenso e vivo come non mai.


I grattacieli vennero fatti proprio per rispondere a quella necessita' di spazio.
Central Park, coi sui 3.4 Km quadrati sarebbe stata la risposta più' semplice (vedi Formigoni che ha costruito il suo palazzo nel il fu bosco di Gioia).
Central Park e' sopravvissuto fino ad oggi. New York senza Central Park non sarebbe la stessa cosa.


Vi dico tutto questo perché' oggi si parla tanto di capitalismo selvaggio e delle nuove tasse di Obama sui più' ricchi per dare servizi ai poveri.
Negli ambienti di destra sembra quasi una bestemmia, un affronto per chi ha lavorato per accumulare quel capitale.
Eppure c'e' sempre stato un capitalismo "sociale" e qualche anno fa furono miliardari come Bill Gates e Warren Buffett ad impedire a Bush l'ennesimo taglio sulle tasse per i ricchi.


In Italia, una visione un po manichea che porta a vedere chi ha i soldi sotto una luce negativa:
i miliardari li si invidia o li si disprezza, in entrambi i casi li si odia. Pero' e' anche vero che io non ho mai visto una biblioteca Berlusconi (al massimo un trofeo di calcio porta sfiga), un istituto di ricerca serio o un importante istituzione benefica fondata da un miliardario.
Spesso chi accumula denari, li porta in Svizzera; in America gli evasori, che rubano alla società', finiscono in galera per davvero (ricordate Al Capone?).
Marchionne, vuole licenziare 19 operai per adempiere all'ingiunzione di riassumere gli operai FIOM. Intanto sono oltre 3 milioni di dollari quelli che il Lingotto mette ogni anno a disposizione dei suoi 30 lobbisti. Un altro simbolo di come i
soldi sia piu' facile farli per pressioni politiche che per la capacita' di creare business.

Mi piace pensare che ci sia stata gente con del talento per trasformare idee in prodotti e generare ricchezza.
Mi piace pensare che quella gente, una volta garantitasi il benessere per se e per la sua famiglia abbia investito le sue capacita' per il bene di tutti fino a rimanere nella storia.
In America sanno che "Da un grande potere derivano grandi responsabilità". Sara' perché da loro l'uomo ragno e' letto molto di più' che le storie di Paperon de Paperoni?.
Altri post sulle differenza culturali in America: 1, 2, 3.
Ho modificato il sistema dei commenti, ora non chiede piu' di inserire codici per commentare.