Thursday 17 February 2011

My Blubby Valentine

Intravedo una lettera dall’involucro rosso nella mia cassetta delle lettere.
Lettera rossa a San Valentino.
Questa e’ chiaramente un tentative di adescamento a cui un virile membro del genere maschile del genere umano non può rimanere indifferente.

Sicuramente la mittente sarà una bella, bionda e ubertosa, con un vestito colorato e a fiori (e mentre immagino e’ arrivata improvvisamente e chissa’ da dove l’estate).
Pero’ potrebbe essere anche quella ragazza mora che m’ha messo le mele nel sacchetto di tela allargando un sorriso che siuramente tradiva una simpatia innata.
La stessa simpatia, tralaltro che nutro io per le more coi capelli ricci.
Ma perchè escludere che la mittente sia la rossa fiammeggiante che sta alla barra del pub e che, con particolare cura mesce le mie pinte? Chissa’ come ha fatto a scoprire dove abito per lasciarmi questa valentine che ora porto a casa ed apro lentamente.
La lettera recita:
Preghiamola di fornirci la lettura del suo contatore del gas.

Distinti saluti
"Quelli del gas"

Ricordo il nerboruto ometto che mesi fa era venuto a controllare l’impianto del gas.
Sicuramente avra’ parlato bene di me alla sorella he mi ha voluto cosi’ inviare questa Valentina.

E' indubbio che la sorella sia carina e sicuramente vuole me in quanto esemplare italico-mediterraneo nonchè dotato di quel fine umorismo che tutto il mondo ci riconosce e invidia.
Ora questo è un post pieno di machismo e gallismo d'accatto.
Una figura ben rappresentata dal nostro premier.
Come ho detto pochi post fa non ho paura di Berlusconi in se ma del Berlusconismo (in me).

Ecco, volevo cocludere con un pensiero felice.


Che se io avessi 74 anni, figli, soldi e nipoti, probabilmente me ne andrei a leggere libri su spiagge cubane al tramonto (che le spiagge Cubane da quando c'è stata la rivoluzione sono sempre sintonizzate su un bellissimo rosso tramonto).
...e a fare festini con minorenni e avvelenare la vita mia e altrui non ci penserei mai.

Ps- Io la Bindi  come proposto da Vendola, la voterei.
A proposito di società gallista volevo salutare quelle 150 persone che ogni giorno finiscono sul mio blog cercando foto sporcaccione di Elisabetta Canalis

Tuesday 1 February 2011

Se non ora quando

Sono nato nel 1977 in provincia di Treviso.
Ogni azione scatena una reazione uguale e contraria: un anno dopo la mia nascita, nello stesso posto sarebbe nata la Łiga Vèneta
.
Moriva Elvis e i Sex Pistols pubblicavano "Never Mind the Bollocks".
Quell'anno bruciavano i cassonetti e i lacrimogeni, c'erano le Brigate Rosse ma c’era anche l’Eurocomunismo di chi considerava il mondo la patria.
Morire Democristiani era visto come un triste destino.

Il 77, anni dopo e' stato visto come un annus horribilis ma io 3 anni dopo  non me ne accorgevo: all’asilo Paz avevo problemi ben piu' grossi.
Che Elisa m’aveva dato un bacio sulla guancia ma a me piaceva Gemma.
E allora Elisa m’aveva fatto sbattere contro un termosifone.
Presi due punti….e non fu la volta che soffrii di piu’ come non fu nemmeno la volta che feci piu’ punti.

Poi ricordi veloci, il liceo "Cielo", dove un compagno raccoglieva firme da mandare all’ONU, contro l’embargo Cubano, 12 firme. Ogni anno 12 firme. Poi qualcuno se ne ando’….e infine non s'e' cambiato niente.
E poi Enrico che dalla Toscana sbucciava le arance con unico taglio.
Il coltello girava lasciando l’arancia pulita e lui con un sorriso mi spiegava: “che se la sbucci con un taglio solo muore un prete”, ed io pensavo che la Sicilia e’ troppo piena di arance e sara’ per questo che i preti comandano ancora.
Intanto crescevo e di nuovo firmavo: in migliaia abbiamo firmato, contro il governo,
su Repubblica per Saviano, contro i loghi, per i laghi. Non e’ cambiato niente.
Sulla fronte ho la cicatrice che m’ha lasciato Elisa, che mi scuce sempre un sorriso, e mentre lei credo che abbia due bambine e un lavoro in banca io mi sono pure ritrovato tra i lacrimogeni, ma alla fine di una stupida partita di calcio.

Intanto a Palermo i cassonetti bruciano ancora, ma non ci sono piu’ i terroristi, ma nemmeno gli operai e i comunisti e mentre non si fa niente ci si rintana contro la paura cercando di proteggere i localismi, alla ricerca di perpetua di chi ce l’ha piu’ piccolo  il paese, la patria.
I localismi sono tali che gia’ il vicino inizia a starmi un po’ sul cazzo perche’ un po’ mi fa paura.
Prima almeno c'era
Berlinguer e le feste dell'unita', poi e' finita l'unita', ora tocca alla festa.

Morire Democristiani ormai e’ un allettante e dignitosa prospettiva.
Oggi, ho trovato il mio primo capello bianco.
E ho sentito tutto il peso di questi anni incominciati con l’annus horribilis e  finite co sti anni di merda.
Le palpebre le sento pesanti. Ora chiudo gli occhi. Che domani mi svegliero’ con mia madre che mi dice che e’ una bellissima giornata, che la neve pulita ha coperto tutto, e tutto va bene ed e' ora di andare all'asilo.
Mi mettera’ un grambiule blu a quadri e l’astronave con cui gioco sempre nel cestino.
Mi dira’ di sbrigarmi che fra un po’ passa lo scuolabus. Salutero’ Gemma e Elisa e giocheremo a far finta di essere grandi e a immaginarci quest’Italia. Diversa. 

Friday 21 January 2011

Non e' un paese per vacche

 Mi si chiede come un italiano all’estero risponda a chi chiede lumi sulla situazione italiana.
 A costoro consiglio che, se vogliono mantenere la dignita’, conviene gettare un sonoro peto e allontanarsi (nella nube di zolfo) approfittando dell’effetto sorpresa.


Si, perche’ ci sarebbe davvero troppo da spiegare.
La verita’ e’ che l’Italia e’ sempre piu’ fuori dall’Europa e dalle democrazie occidentali.
Per esempio l’EU ci chiede di diminuire le quote latte mentre il nostro premier fomenta le vacche.
I reati non vengono puniti, perfino l’abigeato (furto di vacche).


Il problema dell'Italia sono gli Italiani.
Molti ancora oggi non capiscono come un premier rappresenti una nazione e come se costui si rende ricattabile indebolisca tutto il paese.
Un paese e' un marchio.
Faccio un esempio: giorni fa mi sono trovato a scegliere tra due oggetti tecnologici.
Simili prezzi, simili prestazioni. Uno Giapponese ed uno Cinese.
A parita' di requisiti di mercato ho valutato la nazione.
Giappone= tecnologia e investimento tecnologico
Cina= tendenza a copiare e pochi diritti umani
Ho scelto, magari a torto, il primo.


Pensate a uno straniero che si trovi nelle stesse condizioni.
Considerate a cio' che legge sui giornali: evasione fiscale e corruzione, tagli alla cultura e gravissima negligenza nei confronti del patrimonio artistico, ignoranza, sessismo e arroganza della classe politica (una per tutte quando il premier parla di investire in Italia per le belle donne davanti a manager stranieri: una platea di cui il 50% e' di sesso femminile).
E' difficile fare affari o essere presi sul serio dopo che chi rappresenta il tuo paese e' visto come un clown nella migliore delle ipotesi o come un uomo accusato di pedofilia e corruzione nella peggiore: diminuisce la credibilita' dell'intero sistema paese.
Per noi all'estero si fa tanta piu' fatica ultimamente a uscire dallo stereotipo di italiano, mafiosetto, incurante delle leggi e ossessionato dalle donne e dimostrarsi lavoratori seri.


I giornalisti esteri, come l'opinione pubblica estera non ci capiscono.
In tutto il mondo, dove la gente da le dimissioni non appena c'e' un sospetto di illegalita' (anche minima) ci guardano come a chiederci: "non avvertite l'anomalia?".
Io temo il momento in cui il Financial Times smettera' di predire la fine del Berlusconismo politico e iniziera' a chiedersi quando finira il Berlusconismo negli italiani.
Come diceva Gaber: "Non temo Berlusconi in sé ma Berlusconi in me".


La mia generazione, in comitiva, c’era chi leggeva Popper e chi se lo fumava.
A volte ho l’impressione che chi leggeva sia all’estero, un po’ fuga di cervelli, un po’ che si deve pur mangiare (fughe di pance).
I primi, abbiano continuato a fumarsi il cervello, comandando in Italia.
Nel mezzo, gente che il cervello lo ha ancora, ma sintonizzato sul canale sbagliato.
Che c’e’ gente che quando dici Italia pensa: “partigiani, "Bella Ciao", il rinascimento e Nilde Iotti”.

Che c’e’ gente che quando dici Italia pensa: “Italia Uno!”.
Comunque io nell'Italia ci credo ancora. 
 
Accendero' presto su questo blog una bandierina per il suo 150esimo compleanno.
Un po' perche' e' giusto ricordarne la storia. Un po' perche' ci tengo a dare un dispiacere ai blogger che credono nell'esistenza della Padania come entita' politica.


Per i 50 anni di Ken   vorrei rimandarvi al post piu' commentato di questo blog, che trovate   qua
.

Thursday 13 January 2011

Un post da fine di mondo

La fine del mondo da sempre si caratterizza da alcuni elementi costitutivi ben definiti.
Il Ragnarök, l’Amagideon o l’Armageddom si caratterizza oltre che per l’avere dei nomi da band metallare anche per l’inaspettato verificarsi di un ineluttabile evento e dalla coscienza che la volonta’ umana possa venir soggiogata da una volonta’ superiore (dio, la natura etc.)

Ora io non credo che siamo alla fine di un epoca, ne che succedera’ niente il 20/12/2012.
Ammetto che la fine del calendario Maya interroga il nostro animo almeno da quando all’universita’ finiva le pagine di un calendario.
Un senso di inquietudine mi assaliva; ma poi capii che l’anno della Feril
li veniva seguito quello della Bellucci, della Marcuzzi etc. insomma, la fine dii un calendario non comportava la fine del mondo, ma rappresentava solo una transizione e un cambio della rappresentazione del tempo, cosi’ come lo si era conosciuta fino a quel momento.
Ai fanatici delle date ricordo che i calendari li abbiamo fatti noi umani, e che noi europei andammo a letto il 4 Ottobre 1582 e ci risvegliammo il 15 (come passa il tempo quando ci si diverte e quando si passa dal calendario giuliano a quello gregoriano).
Eppure ultimamente ho visto accadere tutti gli elementi topici della fine di mondoi: I miei mi hanno chiesto di conoscere I genitori della mia ragazza.
Mentre all’inizio ho pensato fosse una cosa semplice mi sono detto d’accordo senza pensarci troppo.
La mia idea di conoscenza (immaginavo una coda informale come uno scambio di mail e una pizza in compagnia) diventava un evento che ineluttabilmente si compiva. Mentre la mia volonta’ veniva soggiogata a quella di un essere superiore: mia madre.
Le pizziata assumeva contorni sinistri tipo piatti di porcellana finissima e calici di cristalli di Bohemia del servizio buono.

Mio fratello alla vista di tutta questa formalita’ inventava scuse poco realistiche malcelando la sua voglia di non presenziare all’evento.
Di pari passo, la mia voglia di essere presente scemava e mi chiedevo se quella formalita’ costituisse il metodo migliore per “fare incontrare delle persone di natura cosi’ amichevoli, semplice e alla mano”.
Al Darawish in arabo significa “gente semplice” una loro canzone diceva: Cosa strana….e’ questa vita, amico mio, ora ridi, ora piangi, chissa’ se mai riuscirai a capirne il significato (...) tempo….in te abbiamo un giorno nuovo, magari sgorgasse dale tue labbra il racconto della fine dei nostri giorni.
 
Evidentemente anche i genitori di Nabil  che scrisse questo testo avevano voluto conoscere i genitori della sua compagnae anche per lui il tempo e' sembrato infinito (pare sempre dilatato il tempo che si passa appesi ai fili e pilotati come marionette).
Lo so che il finale di questo post c'entra poco col resto, ma non e' che potete pretendere troppo da "Falloppio: colui il quale e' sopravvissuto all'arma di fine di mondo".

Wednesday 29 December 2010

Rock the Casbah (Casba mia, casba mia: un post dalle ascelle punk).


Finalmente sono a casa, parto da Londra dove una temperatura di 4 sotto zero mette a rischio i voli e arrivo in Sicilia un giorno di scirocco pieno (+27 gradi).
La mia finnica ex derideva la nostra abitudine Sicula di montare in casa degli alberi di Natale di plastica, e diceva anche che le palme della piazza decorate in stile natalizio risultavano abbastanza baggiane (credo che in finlandese significhi iconograficamente inappropriati).
Eppure quando le comunico questo cambio di temperature pure lei, custode dell’ortodossia natalizia mi da ragione.
Natale è calore umano….ma anche calore e basta.

Il calore umano arriva subito dopo con i soliti saluti rivolti dalla nonna: che mi rivolge subito un “minchia pari ca sta murennu” (trad. orsù ti trovo alquanto snello et longilineo).
Poi mi elargisce un regalo e alla mia protesta: “nonna non c’era bisogno” risponde con un “...ca st’annu semu ca….lu prossimo annu cu lu sapi” (trad. quest’anno siamo qua, il prossimo chissà) e mentre
lo dice cambia canale a Paolo Fox (che lei non sa come andrà il prossimo anno, ma non per questo crede che il futuro lo sappiano gli astrologi).
Prendo il regalo con una mano mentre con l’altra faccio scongiuri che seppure noi scienziati non crediamo nel potere degli scongiuri (o di Paolo Fox) crediamo nei motti latini quali: Testicula tacta, omnia pericula iacta!

Alle una di notte sono in piazza. La piazza è gremita.
Strana questa mia città dove metà delle persone vivono e lavorano fuori in posti lontani, come America, Germania o culturalmente ancora più lontani: tipo Milano (anche se l'ex-missino De Corato è Pugliese).

In Piazza prima degli auguri i miei amici mi accolgono con entusiaste grida di benvenuto che vanno dal: “Minchia ma ancora vivo sei”  (di gente che non ho visto da anni  che saluto con una mano, mentre l'altra Testicula tacta, mala fugant) a “Minchia ma dov’eri finito?- In Galles? Ah ah…stai attento il mostro di Lock Ness” (vagli a spiegare che il Galles e la Scozia sono distanti).
Minchia è usato come forma di saluto generico, non si riferisce alla mia persona.

Ma fa parte del gioco. E mi piace lasciare tutto così com’è. Anche ripetere questo rituale uguale ogni anno.
Mi piace pensare che le cose che lascio rimangano uguali.
Casa mia è l’unica casa dove posso camminare al buio sapendo dove sono gli oggetti.
Mi piace trovarli al buio  esattamente dove  li avevo lasciati
l’anno scorso.
Purtroppo non sempre è così: per esempio su questa mensola l’anno scorso c’era il mio deodorante, mentre ora c’è la lacca di mia madre.
Con grande disappunto dei peli delle mie ascelle. Ora punk.


Buon anno a tutti quelli che passan di qua. Di cuore.

Friday 24 December 2010

Com’è triste Venezia....e figurati quella del nord.

La compagnia è variegata e allegra, costituita per la maggior parte da Siciliani emigrati in UK. La cosa è resa evidente: oltre che dall’applauso all’atterraggio, dal fatto che, attendendo che vengano messe le scalette, si sente una voce che richiede l’apertura delle portiere al grido di “Bussola Capo!!!” proprio come sui peggiori autobus di Palermo.

Vediamo il museo di Van Gogh.
"Van Gogh tanto geniale quanto incompreso in vita, si formò sull'esempio del realismo paesaggistico dei pittori di Barbizon e del messaggio etico e sociale di Jean-François Millet"….aspè lasciamo stare le wikipedia: ve lo spiego a parole mie.
Van Gogh era un poveraccio che in tarda età aveva deciso di diventare pittore.
Essendo autodidatta riusciva a vedere le cose in maniera molto personale e lontana dalla visione accademica che era un po’ quello che facevano gli espressionisti che sarebbero arrivati dopo di lui.
Ora ci fu un momento che ebbe la consapevolezza che stava creando qualcosa di grande (e qui citerei il grande Cesare Cremonini…il filosofo, non il lunapop).
Dicevo che aveva capito che poteva formare una scuola pittorica.
Allora aveva chiamato Gaugin gli aveva tempestato la casa di girasoli che a lui piacevano (e anche a me).
Dopo qualche tempo i due litigano, e Van Gogh alla fine della discussione si taglia un orecchio.

C’è chi dice che Gauguin gli avesse rinfacciato di dipingere in maniera troppo spontanea….insomma di andare ad orecchio.
Sta di fatto che seguono dipinti tristi, come la camera vuota, piena di colore ma senza l’amico. Quindi viene rinchiuso in manicomio, alla fine tetri corvi (quadro a fine post) e il suicidio tramite pistolettata.
Rimane l’amaro di questa triste storia. E la consapevolezza che se per caso Gauguin gli avesse rinfacciato di disegnare a cazzo (anziché a orecchio), forse la storia sarebbe potuta divenire ancora più trista.


Uscendo dal museo, passeggiando per i canali arriviamo alla casa di Anna Frank.
Anna Frank era una bambina tedesca ed ebrea che, per fuggire alle persecuzioni ebree dei nazisti si sposta prima ad Amsterdam e poi entra in clandestinità, nascondendosi con altre 8 persone in un appartamento.
Di giorno quando la gente viveva negli uffici di sotto, Anna doveva riuscire a non fare rumore, quasi ad annientarsi fisicamente.
Allora sognava e immaginava una vita diversa.
I suoi sogni erano cose piccole: sentire il sole, l’aria aperta, andare in giro liberamente. Tutti questi pensieri venivano scritti nel diario che teneva.
Quando gli alleati stavano per liberare Amsterdam il nascondiglio venne svelato (non si sa da chi) alle SS e Anna e la sua famiglia vennero presi e portati nei campi di concentramento dove tutta la famiglia (ad eccezione del padre) moriranno.
 Anna muore di tifo a sole tre settimane dalla liberazione del campo di concentramento.

Dopo questi due musei eravamo abbastanza giù e inizavamo a comprendere perchè in giro ci fossero tante bici che tentavano il suicidio gettandosi nei canali (vedi foto).
Amsterdam, coi suoi canali è troppo  ricca di storie e Storia.
Case oblique e i canali giù al porto che raccontano vite passate.
Sentivamo addosso il peso di quelle storie, della memoria storica, dei dolorosi passaggi che hanno portano l’uomo a divenire ciò che è ora (nel bene  enel male).
Dopo la prima giornata decidiamo che s’è sofferto empaticamente più di quanto lo si possa fare (considerando anche che s’era senza arancine a S. Lucia). Pertando si decise di cambiare registro e, pur mantendo la meoria delle cose viste si disse: si disse basta con le cose triste.
Da domani solo
donnini allegri.
Ma questa è un'altra storia.

Nel Frattempo Buon Natale. Di cuore.

Tuesday 14 December 2010

Canto gioioso dell'emigrante: esegesi dell'arancina

La festa piu’ trista per gli emigranti, arriva ogni anno il 13 Dicembre: Santa Lucia: patrona delle arancine.
In questo giorno, per ricordare alle giovani generazioni la fine della carestia del 1646 in cui, la terra che un tempo era stato il granaio del impero romano era finito il pane, si rinuncia a pane e pasta.
Pero’ si possono mangiare arancine, cuccia col vino cotto, panelle, cazzilli e tantissime altre cose buonissime (che noi mediterranei mica possiamo avere un approccio calvinista alla perdita della memoria storica).
Arancina sta per picccola arancia, nella Sicilia orientale invece dicono gli arancini....sara’ che loro si mangiano delle cose fatte a forma di piccolo albero di arancio (!?!).
In questo giorno, la casa natia lasciata vuota, all’emigrante appare ancora piu’ vuota.
Ora la vostra mente aliena potra’ chiedersi: ma perche’ Falloppio non si fa le arancine anziche' ogni anno lamentarne la mancanza? (1 e 2).
La risposta, my friends, corre nel vento....se tenderete l’orecchio con animo puro riuscirete a sentire il refolo che dice: “ma chi minchi rici?”
Come se il segreto delle arancine e delle panelle fosse nel materiale di partenza.
Il segreto sta nell’olio fituso (sovrautilizzato).

Quando lasci una terra, sai che non la troverai mai uguale.
Le cose cambieranno presto: tuo fratello ti rubera’ la camera e i cd, i mobili, gli eletrodomestici si evolveranno e tutta la tua terra lentamente, si scordera’ di te.
Tutto? No. L’olio di certe friggitorie e’ stato cambiato l’ultima volta quando Garibaldi dormi' nella friggitoria (che quello tanto dormiva dappertutto).
Da allora, le catene polinsature di acidi grassi hanno raccontato storie di emigrazione e di popoli andati lontani, ma sempre mantenendone la memoria.

Non staro’ poi qui a svelare a voi profani come l’addetto alla friggitoria, l’untopanellaro, (figura mitica), controlla che la temperature dell’olio sia ottimale.
Esso sicuramente non immergera’ un dito o un termomentro per controllare la corretta temperatura.
La verita’ e’ diversa e ben prosaica. Ma non vi posso svelare questo segreto.

Santa Lucia, santissimissima patrona delle arancine, per uno strano gioco di rimandi congiunge la Sicilia Normanna con la Svezia da cui noi Siculi discediamo (chi piu' chi meno). Santa Lucia e’ patrona delle donne svedesi (anch’esse figure mitiche sebbene non appartenenti alla sottoclasse geno-fenotipica di  “arancina cu li peri”.
Definiscensi arancina coi piedi una donna rotondetta e bassina tale che la circonferenza della persona sia assimilabile ad una sfera fornita di piedi (vedi Botero).

Nel giorno di Santa Lucia le donne svedesi girano per boschi con candele in testa.
A questa notizia, con gli amici si decide di tornare, una volta ancora, a Stoccolma.
Poi, per un errore di mira, combinazione di low-cost ed altro si fini' tutti ad Amsterdam, ma questa e’ la prossima storia.