Tuesday 18 December 2007

Storia di un ormone con due spalle cosi’.

-Ma ti ricordi i tempi in cui salivamo in montagna con gli scout?
Avremo avuto una decina di anni e, quando non montavamo tende nei letti di fiumi che erano secchi (fino al momento in cui veniva messo l’ultimo picchetto), cancellavamo pitture rupestri dalle grotte o costringevamo anziani donnini ad attraversare di fretta (perche’ era rosso per i pedoni), facevamo “la pignalorata” che consisteva nel bersagliare con pigne le guide che salivano lente con la strada a tornanti mentre noi (giuovini cavalieri) ci consideravamo abili arruolati nella guerra contro i principali nemici dei bambini di quell'eta': i draghi, i cattivi dei Gormiti e le donne.
-Eh si, ricordo ancora il suono delle pigne sul selciato.
Anni dopo, con qualche ormone in piu’ la guerra sarebbe stata irrimediabilmente perduta e la vendetta consumata.
-Sapevo allora che nella mia montagna c’era una zona detta detta la "piazzetta dell’amore" e me la immaginavo come una piazzetta a forma di cuori da dove vedere quello che si potrebbe definire “le doux coucher du soleil” (tramonto) tenendosi teneramente le mani.
Quando, anni dopo, mi persi con un gruppo di lupetti e, attraversando la golden street (o era goldon street) giungemmo in una piazzetta piena di fazzolettini, non mi stupii nemmeno troppo.
Sostiene il mio amico, che forse la vita si possa dividere in due fasi la preistoria: quando l’ometto non sapeva comunicare, disegnava sui muri e conduceva una vita semplice, ma felice.
...e la storia. In cui l’uomo comunica, ma non riesce a farsi comprendere e poi anche le storie piu’ belle finiscono, magari con una telefonata. Nel mezzo ci sono solo gli ormoni della puberta'.
Capisco che e’ ora di cambiare discorso.
- Ti ho mai raccontato di quella volta che ero a Brodway e di come riuscivo a comunicare con tutto il pubblico?
Il mio amico, spiazzato e incuriosito esce dai suoi pensieri pesi e mi chiede.
- Davvero hai recitato a Brodway?
- Chi ha mai detto che ho recitato?
Nell Off-Brodway a volte si puo’ fare la maschera: si indicano i posti agli spettatori e in cambio si puo' vedere gratis lo spettacolo.
Ride. Si de' distratto, qualunque cosa triste avesse pensato sembra lontana.
Forse l'uomo non e' fatto per pensare.
Non siamo insensibili, siamo distratti. Ma a volte la distrazione e' un vantaggio: ci rende piu' vicini alla felicita' preistorica (il che spiega perche' ci compiaciamo dopo certi ruttoni).
Ora volevo finire questo post svelandovi il segreto della vita.
Ma nella stanza accanto c'e' qualcuno che gioca con un pallone e mi tocca andare a prenderlo a calci (il pallone).

Monday 10 December 2007

In viaggio

Parlo col mio capo in inglese, con la tecnica che mi aiuta e la studente si discute in spagnolo, comprendo la gente che attorno a me parla in francese, coi miei parlo in italiano.
Anni fa non avrei mai immaginato tutto cio’.

Partendo per la Germania lo zaino era super pieno, nella mia mente c’era un sacco di spazio per imparare entusiasticamente e nel mio cuore c’era tanta voglia di costruire qualcosa.
Allora parlavo troppo, pensavo poco cosi’, poche cose potevano ferirmi.
E pensare che conoscevo solo le frasi di inglese scolastico e una di queste (“the window is open”) non serviva a niente visto che fuori faceva c’era neve da mesi e le finestre erano sempre chiuse.
L’altra frase era: “the penis on the table”....

Ero un cervello in fuga, ma nel mio caso le parole “cervello” e “fuga” erano sbagliate.
Cervello era una parola eccessiva; fuga era imprecisa.
Scoprire che c’era un intero mondo oltre le montagne da piccolo era stato eccitante.
In quel mondo scoprivo che cucinare delle ricette "semplici" poteva farti guadagnare la stima (adesso la chiamo cosi?) di valchirie da lunghi capelli.
Apprendevo che fare le pulizie di casa e’ pesante (e frequentare donne calve faciliterebbe le faccende domestiche).
Imparavo che i parametri di sempre andavano cambiati:  a volte, anche se il cielo fuore e’ blu,  s’incagghiano i cardiddi  che congelano col freddo.
Parimenti, quando mi sentii toccare dietro seguendo i miei pre-giudizi sospettavo orgoglioso della procace scandinava, ci rimasi male a scoprire invece che era stato l’indiano segaligno.
E imparai a quanto la diistanza amplifichi tutto: se una mamma chiede come va, la risposta deve essere positiva e entusiasta, per non farla preoccupare. Oggi ci sono le webcam, e’ piu’ difficile.

Sono stati anni intensi. Sono cresciuto. Oggi parlo poco, probabilemente penso troppo, poche cose possono ferirmi.
Forse fra un po’ dovro’ ripartire per una  nuovo posto che ancora non so.
Non ho paura, sono stranamente calmo. Sono solo stanco: e’ diverso quando a 24 anni si prepara uno zaino pronti a cambiare paese, lingua e amici. Diventa piu’ difficile quando si vede che la moto sarebbe pronta ad accompagnarti, ma dentro si iniziano a sentire i 30.

Ma mi adatto bene dappertutto. Vedremo.
Parlo col mio capo in inglese, con la mia studente in spagnolo, ascolto le voci attorno a me che parlano in Francese, mentre ogni tanto sento i miei e parlo in italiano.
Se mi chiedi in che lingua sogno, pero', non te lo so piu’ dire.

Tuesday 4 December 2007

Ho qualche idea, ma non il tempo di trascriverla....forse stasera riusciro' a modificare questo post mettendo quello vero.

Intanto potete dare un occhiata alla canzone che ha partorito il post che sara'.

Il video e la traduzione la trovate, come sempre, qua.

Tuesday 27 November 2007

Piccole storie italiane

Francesco aveva gli occhi azzurri cosi' chiari che potevi vedergli bene dentro.
A guardarlo, ti veniva spontaneo chiederti se degli occhi cosi' chiari sarebbero stati in grado di vedere bene attraverso un mondo cosi’ grigio di piombo.

Francesco era nato nel 1950.
A 19 anni, come molti, aveva pensato che la discesa dell’uomo sulla luna fosse il primo segnale di un cambiamento cosmico.
In estate l’ingegno umano aveva prevalso sulla natura lassu, sulla luna.
Rimaneva solo da cambiare la natura intrinseca dell’uomo creando un mondo piu' giusto, qua sulla terra.

Qualche mese dopo la facolta’ di lettere era occupata.
Mario, che come lui  aveva 19 anni, aveva litigato coi suoi, stava partendo per Roma con Giampiero.
Quest’ultimo, dietro gli occhiali spessi aveva studiato tutto ed era sicuro che dalla capitale sarebbe partita la rivoluzione.

Francesco aveva iniziato a leggere nel retro della bottega da falegname del padre.
Di giorno leggeva di Archiloco e Ipponatte, la sera di Marx e Engels.
Di notte, tutto si accavallava. Non dormiva bene.

Anni dopo, Francesco insegnava al "Giulio Cesare".
Aveva sposato la donna che amava.
Aveva aspettato e sperato nella rivoluzione.
Desiderava un mondo piu’ giusto per tutti, ma ultimamente le cose stavano andando sempre peggio.
Si sentivano  sempre piu' di scontri e spari. Sempre meno utopia e sempre piu' realta', molto diversa da quella che avrebbe voluto.
Quando il bimbo nacque mise tutti i libri in uno scatolone e li chiuse con un doppio giro di scotch perche’ tutte quelle idee che avevano illuso tante persone non potessero nuocere a suo figlio.
Quando nacque il bambino, fu nell'ordine naturale delle cose, chiamarlo col nome di suo padre, il falegname.

Anni dopo, Giampiero aveva cambiato la FGCI, con la FIGC tutti i moti di cui si era discusso a lungo ora rientravano in due categorie: i rigori che l'arbitro fischiava e quelli che no.
Fra quelli che avevano studiato, non era nemmeno quello che si e’ venduto di piu’, o peggio.
Mario era passato ad autonomia operaia e di lui si erano perse le traccie alla fine dei settanta.
Francesco aveva (ed ha) gli occhi azzurri chiari. Ha insegnato per anni. Da un po’ di tempo porta gli occhiali che fanno apparire quegli occhi quasi piu’ grandi.
Lo ricordo in una foto, davanti a una macchina verde, con una barba lunga e dei vestiti assurdi, io, piccolino ho tanti palloncini rossi tra le mani.
Ora lui non e' diverso, forse solo un po' piu' triste.
Qualcosa e' cambiato. Gli occhi azzurri, no.
Una rivoluzione permanente fatta non di botti e clamore, ma di palloncini rossi, sorrisi e insegnamenti quotidiani che, giorno dopo giorno (e nonostante tutto) ti fanno credere che questo mondo (e verra' presto il giorno) potra' essere cambiato.

Monday 19 November 2007

Centrifughe, ciclotroni, calzini e bosoni spaiati.

Il gran giorno era arrivato: Philip D. aveva pensato a lungo a come sarebbe stato quel momento.
Ora si sentiva combattuto: era impaziente e contento di potere essere il primo a potere azionare l'acceleratore di particelle piu’ grande del mondo (foto Dx).
Per la prima volta l’uomo poteva provare le teorie che le menti piu’ brillanti avevano escogitato nell’ultimo secolo.
D'altro canto sentiva una strana inquietudine: se qualcosa fosse andato storto? Era gia’ stato difficile costruire quei 27 km di tunnel sotto la superficie terrestre.
Ricaccio’ via quel pensiero e sorrise a Sara.
Sara rispose al sorriso. Lei era la responsabile tecnica del progetto. Anche lei era inquieta.
Le sembrava incredibile, ma il giorno prima aveva scoperto traccie di topi, laggiu' nei tunnel, sotto terra. Aveva discusso il ritrovamento con Philip D. ma lui credeva che, una volta in funzione, le temperature avrebbero ucciso i roditori e le particelle a 300.000 Km/s li avrebbero fritti.
L' affermazione di Philip D. le aveva dato sicurezza ed era ritornata a concentrarsi sulla grande domanda a cui da anni centinaia di scienziati cercavano di dare una risposta: cos’e’ la materia mancante? Cosa costituisce il 90% dell’universo che non vediamo?
Nella galassia delle Pleiadi KindredD scrutava il cielo, nel silenzio notturno della sua stanza. Quando aveva trovato quel lavoro aveva sognato di potere essere il pioniere che scopre una nuova civilta’.
Era il primo a potere usare la nano-wormhole detector (Foto Sx): Una macchina capace di distinguere i piccoli scontri tra particelle provocati artificialmente che possono provocare un apertura, un ponte, tra due posti lontani nello spazio e nel tempo.

Alle 16.01 Philip D attivo’ l’acceleratore di particelle. Dopo mezz’ora vi inietto’ gli atomi.
Alle XVI.XXXI KindredD osservo’ una piegatura nello spazio tempo, ingrandi’ l’immagine, ne catturo’ l’estremita’ e pieno di emozione aspetto’ che arrivasse l’entita’ intelligente che aveva creato il tunnel.

Alle 16.33 Philip senti’ un gran rumore. Poi i led luminosi si spensero, deluso guardo’ i grafici: all'improvviso tutto tendeva a zero. Spero’ che quel giorno tanto aspettato finisse al piu’ presto.
Alle XVI.III KindredD si ritrovo’ davanti un topo morto congelato. Prima ancora di chiedersi cosa fosse potuto essere successo, maledi’ il giorno in cui aveva accettato quel lavoro.
Erano le 8 yotta di anni di anni meno cinque. Dio apri’ la lavatrice che aveva fatto un rumore strano.
Alleggerendola del carico scopri’ che mancava un calzino scuro ma non se ne proccupo’ troppo.
Dia lo aspettava e lui era gia’ in ritardo di un paio di bilioni di anni. Quella sera sarebbe stata una bella sera.

Saturday 10 November 2007

"Di uomini e donne", anzi no, "di ometti e donnole".


Da piccolo, quando m’annoiavo ma eravamo  in visita da qualcuno, i miei genitori mi davano il permesso di 
andare a dormire nella 127 rossa.

Io dormivo su quel pannello che si trova dietro il sedile posteriore, sopra il portabagagli.
Una volta, mi svegliai col cielo stellato che si muoveva vicinissimo sopra me.
Ricordo con esattezza che pensai di volere diventare un astronauta.
Lo sognai cosi’ forte che persi il peso, fuggii alla gravita’, e mi risvegliai nel mio letto senza memoria di avere camminato.
La prima volta che mi resi conto di essere cresciuto contro la mia volonta’, fu il giorno in cui sfondai il pannello finendo direttamente sui cocomeri, nel portabagagli.
Certi risvegli sono proprio tragici.

La seconda volta che divenni un ometto fu quando scoprii che i maschietti e le donnine sono diversi.
Guardo ora i bambini che giocano in giardino.
E’ strano pensare come per loro, in quel momento, non ci sia grossa differenza tra maschietti e femminuccie.
Tra cappottoni e berretti di lana anche io ho problemi da qua su a distinguerli, forse le ragazzine hanno i pon pon sul cappello, ma non ne sono sicuro.
Poi verso i 12 anni si viene colti da una tempesta ormonale, e da li’ in poi niente e’ piu’ chiaro come prima. Si inizia a correre dietro le ragazzine, ma si ha anche paura di prenderle perche’ non e’ che sia poi cosi’ chiaro cosa farne, una volta catturate.
Ricordo la confusione sul tema e discorsi di chi aveva ricevuto delle informazioni, le teorie piu' accreditate implicavano cicogne, brassicacee  o esapodi puntuti.
Fu alle medie che le donnine capirono qualcosa. Le ragazze con cui giocavamo a pallone da un giorno all’altro ci snobbarono.
Gemma che era la piu’ forte, il giorno del derby contro la 3A si presento' in gonna, non volle giocare e assistette alla partita esultando ad ogni goal del capitano della squadra avversaria, tre anni piu' grande di noi.
La sera, mentre nel gran consiglio dei maschi ci chiedevamo cosa fosse successo, Piero disse una frase epica: “se il tuo cavallo vuole correre lascialo correre, se e’ tuo tornera’”.
Forse fu il tramonto, il rumore di cavalli al galoppo sulle colline o l’intonazione, ma in molti vi credettero.
Ho incontrato Piero quest’estate, gestisce un agriturismo con maneggio, lo immagino controllare ogni sera quanti cavalli sono rientrati....forse non s’e’ ancora ripreso.
Invece, anni dopo arrivo’ anche per noi la tempesta ormonale.
Da un giorno all’altro, ci trovammo tra le mani una bacchetta magica per inseguire la luce delle nostre compagne stelle (vedi foto), per cercare l’acqua nel deserto arido dell’adolescenza, per addomesticare le cucciole e legarle per sempre ai nostri cuori.
...ed ovviamente ho scritto “bacchetta magica” perche’ sono un signore.

Monday 5 November 2007

Di come una piccola Jedi addestrato ti ho.

Quand’ero piccolo e non volevo mangiare qualcosa i miei facevano leva sui sensi di colpa e mettevano in mezzo i bambini Africani.
Dalla tv mi guardavano bimbi come me con occhi piu’ grandi delle loro ossa.
Alla fine mangiavo tutto cio’ che c’era nel piatto con un retrogusto di sensi di colpa.

Crescendo, invece di diventare naziskin, (ipotesi troppo semplice), pensai di fare qualcosa per provare a migliorare questo mondo.
La scienza provava a dare una risposta pragmatica a domande esistenziali e non. Fu per provare a migliorare un po' il mondo che Falloppio decise di diventare scienziato, ora sta ancora lavorando per diventare uno di quelli bravi.
Quando la mia capo mi disse che mi avrebbe adottato una studentella per la tesi pensai che sarebbe stato un esperienza interessante (vieppiu' avrebbe potuto darmi rispetto e ammirazione in misura maggiore di un canide).
Quando entrai per la prima volta in un laboratorio, avevo grandi aspettative, grande voglia di fare, grande entusiasmo.
Quando la mia studentella entro’ in lab era piccolina e bassina pero’ l’entusiasmo era invariato.
Era ora di addestrare una nuova mente per l’eterna lotta tra bene (concreto) e male (fuffa).
Cosi’ feci cio’ che avevo sempre visto nei film: provai a farle usare la Forza per spostare gli oggetti come
nelle migliori “guerre stellari”, poi le feci passare e togliere la cera come nei migliori “Karate Kid”.

Abbiamo iniziato a lavorare sul progetto che avevamo disegnato.
Dopo una ventina di giorni ora sa tagliare e cucire il DNA (per quando fa freddo), rassettare i lipidi e contare piegare e mettere nei cassetti le proteine, (dopo averle colorate ben benino).

Ora siccome scienza e’ anche filosofia, le ho insegnato come sconfiggere il lato oscuro della Forza evitando di farsi irretire dal becero ometto del lab accanto che utilizza sempre le stesse tecniche che si usavano 15 anni fa (voi come sappia di quelle tecniche fregare non deve. Ok?)
Quando esso utilizzera’ la frase: "tuo padre e’ un ladro perche’ ha rubato due stelle al cielo e te le ha messe negli occhi" e pretendendo di avere una profferta in natura di contraccambio.
Costui istantaneamente si sentira' rispondere “se mio padre e' un ladro, tuo padre venne accusato di abigeato da un allevatore di suini" .

Ok, ora sa come lavorare, come fare esperimenti, ha entusiasmo.
Cosa manca?
Ah certo. Finora e’ andato tutto troppo bene.
Ora ha solo bisogno di confrontarsi col profondo sconforto che assale quando tutto va male, cosa che, nella scienza come nella vita, ad un certo punto accade.
Proprio per questo, per farle conoscere gli abissi del buio dell’ignoranza (mica per sfruttarla) le ho messo davanto i miei compiti di Francese.
Ora la giuovine Jedi mi sembra preparata abbastanza e un nuovo mondo possibile e'