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Monday 12 September 2011

Mediterraneo

Nel momento esatto in cui esco dall’aereo, un aria calda penetra i polmoni e li fa bruciare. Sento l’odore del mare, le voci gridate, un movimento caotico. Tutto e’ cosi’ "Mediterraneo".
Il caos e’ creato da uno sciopero in corso: la metro non funziona. Come faro’ ad andare al porto del Pireo?
Ho visto che ci sono vari autobus che si dirigono al Pireo, ma qual’e’ quello diretto?
Mi metto in fila per ricevere delle informazioni da un impiegato dell'ufficio informazioni.
L'impiegato e' anziano: immagino che non parli inglese.

Rimugino frasi dal “prontuario d’emergenza delle lingue morte” del liceo.
Dribblo “ubi est mensa pauperorum” e mi concentro sul greco: voglio dire “il bus piu’ veloce”.
Il piu’ veloce sara’ takustatos. Ma Bus? Come si diceva bus nell’attica dell’8 secolo a.C.? Che faccio? Provo a dire auto-carro? Alla fine dico “Bus direct Pireous”.
L’anziano impiegato mi risponde in perfetto inglese e mi da tutte le informazioni con un aria come a dire ”pero’ la prossima volta impariamolo st’inglese”.


Sono frastornato: perche’ ho pensato che non dovesse sapere l’inglese? Non e’ forse razzismo anche questo?
In realta’, in 10 giorni in Grecia non ho trovato qualcuno che non sapesse parlare un buon livello d’inglese.
Molto meglio che in Italia, dove ancora c’e’ chi vuole investire nel dialetto quando l’inglese lo conoscono in pochi, contr
ibuendo a fare apparire il nostro paese come un paese linguisticamente ignorante.
 Un altra considerazione sul tempo che ho investito per imparare le lingue....ma se ormai tutti parlano inglese. A che mi servono le lingue morte? a parlare con la gente morta?

Prendo un autobus e arrivo al porto, il mare e’ blu come solo nei sogni.
Sono arrivato tardi: ho perso l’aliscafo (che si chiamava qualcosa tipo “delfino curioso”), e dovro’ prendere il catamarano (cavallo goloso).
Devo aspettare. Prendo un Ouzo ghiacciato.
Bevo la bevanda, che con il ghiaccio diventa di un Bianco che perfettamente contrasta col cielo azzurro e il mare blu dello sf
ondo.
Che io lo so che il mare e’ cosi’, anche quando sono via e non lo guardo.
Solo che come un carcerato piace a pensare che fuori piova, per non sentirsi troppo fuori dal bello della vita, mi abituo a credere che sia sempre grigio e triste.
Invece almeno una volta all’anno torno a guardare il Mediterraneo, cosi’ non perdo l’anima, la mia cultura e ricordo chi sono.
Il tempo passa lento e nella mia testa riecheggiano le note di questo testo di Serrat:

"Sara’ perche’ la mia infanzia ancora gioca sul mare
E perduto tra i canneti dorme il mio primo amore
Porto il sapore e l’odore per ogni dove io vada
e perso nella tua arena guardo amori, giochi e pena.


Io che nella pelle ho il sapore amaro del pianto eterno
Che han versato a te in migliaia da Algeciras a Istambul
Con cui dipingi l’ azzurro, le lunghe no
tti d’inverno

A forza di sventure l’anima e’ fonda e scura
Ai tuoi tramonti piu rossi si adattarono i miei occhi
come la curva alla strada
Sono cantore e mercante, mi piace il gioco e il vino
ho un cuore da marinaio

e tutto questo perche’, sono del Mediterraneo.

E ti avvicini e vai via baciando il mio paese
Giocando con la marea che viene per ritorn
are
Sei come una donna che profuma di pece
Che si conosce e si teme

Che s’interroga e si ignora
Se un giorno per mia sventura verra’ la bianca signora
Mettero’ in mare la barca con un levante autunnale
Aspettero’ che il temporale apra le sue ali bianche
Per seppellirmi sereno la’ tra la terra e il cielo
Sul lato della collina, piu’ in alto dell’orizzonte
Voglio avere buona vista
Diventero’ sentiero, saro’ il verde del pino, il giallo della ginestra
Vicino al mare perche’ sono del Mediterraneo".
La canzone nell'MP3 e' cantata da Chiara Riondino con al microfono Mirko Guerrini, l'ho estratto dal Podcast del Dottor Djembe di Radio 3 rai del 6/01/2009 (che io sappia non esiste altra versione). Spero di non avere fatto torto a nessuno.

Thursday 1 September 2011

Back to the roots: Greece, here we come!

Volevo continuare a scrivervi dell’America.
Certamente 20 giorni in America non possono essere liquidati con un paio di post veloci, magari tornero' a parlarne perche' e’ una cosa che cambia la  prospettiva esistenziale.
Credo sia vero anche il contrario perche’ da quando ho salutato New York si sono abbattuti sulla citta’ terremoti, uragano (poi declassati ad acquazzone estivo) e infine le dimissioni di S. Jobs dalla Apple.
Continuate con questa politica ottusa e miope e un giorno vi ritroverete tutti senza casa e, cosa che e’ peggio, senza iPad.


Ma torniamo a noi, si va (ancora una volta) in Grecia (yuppih).
 Sto pomeriggio vado al British Museum a vedere I Marmi di Elgin e poi domani volero’ ad Atene (cosi’ posso dire di avere visto il Partenone completo).

Ricordo che al liceo Classico il prof. ci domandava se ci sentivamo piu’ uno spirito Greco o uno spirito Latino, Sofista o Epicureo, apollineo o dionisiaco.
Io mi definivo ovviamente uno spirito Greco etil-sofista di tendenza ma con evidenti  venature di stampo apollineo.
Il mio compagno si definiva uno spirito Latino epicureo-dionisiaco…e ora e’ il presidente di un fan club di Ricky Martin (La vida l’oca!).


Mi mandano in missione* su un isoletta.
Adoro le isolette greche. Le amiamo di famiglia, come potrebbero testimoniare gli illiadici cuginetti Ettore ed Elena (che pero’ sta andando a fare il secondo liceo in Irlanda), la amano perfino i gatti di casa che si chiamano: Zorba e Bouboulina**.

Uno studia la storia e capisce dove va il suo futuro.
La Grecia di oggi e' ridotta male a causa di anni di corruzione e mal governo.
Sul Fb di Renzo Bossi hanno notato che il giuovine ha fatto sapere che e' andato ad Arcore per discutere la manovra di governo.
All’improvviso mi sento rassicurato.

Italiani-Greci mia faza, mia razza.


Viste come vanno le cose e considerate le previsioni future, quasi quasi vado in Ellade, con un paio di sterline compro un isola greca, mi autonomino Basileus e instauro un regime di deboscia, crapula e nudismo (tanto presto saremo tutti in mutande).
Cosi’ quando voi italiani dovrete emigrare e giungerete sull’isola vi troverete gia’ a vostro agio e non dovrete subire shock culturali.
...e poi non dite che non vi voglio bene.

Vi lascio con una lezione di vita: Ouzo e Sambuca non si diluiscono con acqua.
Il Pastis, invece, si. Ve lo dico perche’ io mica l’ho scoperto subito.
Va beh, domani saro’ su una nave per un isoletta Greca. Ritorno per Heathrow, l’11.
Αντίο (arrivederci).

Ps- Ora passa Ale e dice che io in quanto Elimo discenderei da Ilio, quindi al massimo le mie radici si possono trovare in Turchia. A costui farei notare che il mio naso (profilo Attico) denota sicuramente un origine Achea.
* Si, chiaiamola cosi' =)

** Questi sono nomi eiroici da dare a gatti; diffidate di chi chiama gli altezzosi felidi Pallina et similia….e’ umiliante e dimostra come la gente tenda a trasformare animali in giocattoli.

Un po’ come quell lupo che si lascio addomesticare dall’uomo che, con incroci ed evoluzioni lo trasformo’ in un incazzoso chiwawa.

Monday 8 August 2011

Life, the universe and everything

Sono su uno Shuttle che fa rotta su Jupiter*.
Konstantin Ziolkovsky una volta disse: “” La terra e’ la culla dell’umanita’, ma non si puo’ vivere nella culla per sempre...ed io in questo momento lo capisco.


Vedere il lento innalzarsi di un razzo da Cape Canaveral, vedere le fiamme che bilanciano con inane sforzo la gravita’ e alla fine giungono sopra le nuvole portando su la cosa piu’ bella che l’uomo abbia mai prodotto: la sua intelligenza.
C’e’ chi vede l’eccellenza dell’uomo nell’arte o nella capacita’ dell’astrazione che si riflette nella letteratura.
Sara’ che sono nato nel mio tempo, dove il massimo dell’arte e’ una zuppa Campbell e i libri piu’ venduti parlano di cucina...


Io vedo l’affermazione dell’uomo nella sua scienza. Che porta a vedere gli elementi del microscopico e oggetti a volare nell’infinito, al di la’ di ogni astrazione letteraria.

Si, lo spazio e’ freddo e senza limite visibile, e tende a schiacciare l’uomo mostrandone la sue capacita’ limitate.
Ma il cosmonauta rappresenta qualcosa di ben piu’ grande del singolo uomo: e' la capacita’ di ideare e mettere in pratica piani, il coraggio di mettere la propria vita nelle capacita’ dei propri simili come gli ingegneri e i tecnici che costruiscono le astronavi.
E all’improvviso, non si e’ piu’ cosi’ insignificanti, nell’universo.

Guardando giu’ la terra sembra piccola e fragile...eppure cosi’ bella.
Il 96% delle specie che ha popolato la terra non esiste piu’. L’estinzione di massa e’ una regola e per quanto ci ostiniamo a dimostrare il contrario non siamo nemmeno la specie dominante sul pianeta, visto che gli insetti hanno dimostrato l’evoluzione piu’ sofisticata, colonizzando e adattandosi a tutti gli ambienti, e visto che sopravviverebbero perfino a un nostro olocausto nucleare.


Pero’ stasera questo non importa.
Perche’ sto guardando l’oceano, e il mare ha lo stesso identico canto di quel piccolo lago che chiamano Mediterraneo, e che io conoso cosi’ bene.
Sembra piu’ grande e scuro, ma ha la stessa voce, per cui che importa...
E le stelle appaiono strane, viste dall’equatore, sono tutte spostate, ma sono le solite benevole lanterne nel buio di quando giocavo da piccolo, o di quando le cercavo nel giardino, il giorno dopo la notte delle stelle cadenti, per cui che importa...quando hanno lo stesso sguardo.
La spiaggia e’ buia perche’ le tartarughe marine attraversano l’oceano per deporvi le uova.
Per ritrovare il posto dove sono nate, si orientano col campo magnetico terr
estre, una cosa che e’ molto piu’ grande di loro, e su cui non hanno nessuna influenza.
Che era li’ molto prima della loro esistenza e creava aurore boreali fin dalla notte dei tempi, quando nessuno ancora poteva vederle.
Eppure questo non disturba le tartarughe che lo usano per deporre le uova, e perpetrare il ciclo della vita.


Proprio come l’uomo, che compie prodigi e s’innalza oltre la termosfera  per capire l’universo e spesso trova solo se stesso comprendendo la sua natura.
Come me che in questo momento, davanti a un mare sonosciuto, circondato da stelle mai viste, cosciente della mia fragilita’, incuriosito da cio’ che non capisco, non mi sento fuori posto.
Affronto cio’ che viene, dando risposte a una domanda alla volta....per esempio, sulla spiaggia di
Jupiter (Florida) ho una birra fredda nella mia mano destra, ma non trovo piu’ il cavatappi che avevo in tasca fino a qualche minuto fa.



* Jupiter e’ una cittadina della Florida, e lo shuttle e’ solo un treno....ma che importa.

 

Monday 20 June 2011

Docce Scozzese, doce Italia

Da piccolo giocavo spesso con dinosauri cavalieri e robot.
Tutti insieme; incurante delle incongruenze storiche rappresentate da questi s-oggetti.
Eppure quando ho visto il castello di Edinburgo m’e’ sembrato di trovarmi in uno di quei posti dove le incongruenze diventano la normalita'.

Costruire una rocca, un grande castello difensivo, nel cono di un vulcano spentosi in epoca preistorica, eppure ancora nero e minaccioso lo rende un posto speciale, perfetto per la difesa e pieno di un austera magia che un po' e' quella dei cavalieri, un po' e' quella del tempo e della natura.
Del resto che la Scozia fosse un luogo strano, l'avevo capito tempo fa ne avevo parlandone tempo fa col mio amico Fardeen.
Per esempio, da noi in Sicilia si frigge tutto.
Io mi sveglio al mattino e chiedo a mia madre di friggermi la colazione, ma non siamo mai
giunti a friggere l’infriggibile: la barretta di Mars.
S
apere che esiste un posto dove imburrano e friggono le barrette di Mars m'aveva sconvolto,
mi ero sentito sorpassato a destra....che pero’ da queste parti e’ la normalita’.
Chiedetti a Deen a chi e’ mai potesse essere venuto in mente di fare cio': mi risponde che nessuno lo sapeva, ma in Scozia si beve parecchio.
Ricordo che provocatoriamente chiesi se avessero mai provato a friggere altre barrette di cioccolato....mi guardo' male, come se avessi proposto di fare la pasta col ketchup a un italiano.

Poi aveva estratto la daga da sotto il suo kilt (era una serata in abiti di gala) e aveva iniziato a giochicchiarci. Poi ho ordinato altre due pinte.
Deen, riprendendo il discorso mi disse che non e’ l’unico piatto tipico della cucina scozzese: c’era anche l’haggis: uno stufato di fegato, cuore e polmoni di mucca mischiato con orzo e cipolle cotto nello stomaco di una mucca.
Ridevo sottoi baffi di queste rozze cucine barbare, mentre pensavo ai nostri piu' nobili, pani con la milza (piu' spesso polmoni), cervello, e intestini (stigghiola et quarume).
Comunque, Edinburgo e’ una citta’ molto bella.
Glasgow, non me la ricordo bene, per cui non deve avere lasciato un segno.
In generale la Scozia m’e’ sembrata bella e molto diversa dall’Inghilterra, non solo per l’accento, le sterline scozzese, i castelli coi fantasmi e cose del genere....sembra un posto piu' a misura d'uomo.
 Mi piacerebbe tornarci per il festival del teatro, fra un anno o giu’ di li’.

...e poi niente: in questo post vi volevo parlare di un paese strano, difficile da comprendere, ma capace di grandi sorprese, di anni buissimi e di immediate accelerazioni, pieno di tradizioni e attraversato da movimenti e sommovimenti contraddittori e in conflitto tra loro.
Eppure questo paese, talvolta l'energia inizia a spingere tutta insieme e come gia' successo in passato riesce a cmpiere l'impossibile, fermare eserciti invasori, creare movimenti culturali che possono fare rinascere la cultura e l'umanesimo, un paese sempre all'avanguardia, per cio' che riguarda la difesa dei valori sociali.
E’ un paese bello, in cui i valori fondamentali come la democrazia vengono lasciati annerire e raffreddarsi, eppure di tanto in tanto un alito di vento nella giusta direzione e' in grado di risvegliare il fuoco che s'era creduto spento e riaccendere il fuoco della giustizia che brilla nei camini scaldando i cuori.
Prima o poi mi ci dovro' trasferire, in questo paese.

Il quadro e' preso da questo sito.

Wednesday 23 March 2011

Ho visto anche degli zingari felici

La vita di una persona e’ la somma delle sue esperienze.
Leggere un libro*, scoprire un amico, amare una donna significa vivere esperienze e rendere la vita piu’ vita.
Se la mia vita e’ interessante, non lo devo a cio’ che ho fatto, ma sopratutto alle persone che ho incontrato.
Alcune di queste persone le vedo poche volte all’anno, con alcune ho perso i contatti, eppure a me basta che ci sia stato un momento in cui loro per me ed io per loro, ci consideravamo importanti per gli altri.

Domenica scorsa ero con dei vecchissimi amici (nel senso che ci conosciamo molto, non nel senso di anzianita’): ero coi miei “compañeros de piso”di quando vivevo a Cordoba, ma stavolta ero nel Galles dell’Ovest: A  Carmarthen, dove si dice dorma Merlino, incantato dalla Siciliana fata Morgana.
Li' abbiamo conosciuto Vin, che ha una fattoria sull’altopiano.
Vin ha sessant’anni a guardarlo ne daresti anche di piu’.
Capelli rossi arruffati come quelli dei vichinghi, suoi antenati.
Sguardo sveglio, occhi piccoli e taglienti come di chi ha visto troppo vento, ma mitigati da un sorriso sereno. Sembra babbo Natale.

Quando mangiamo tutti insieme, Vin parla piano e pesa le parole parlando lento scandendole bene un po’ perche’ la sua prima lingua non e’ l’inglese ma il gallese, un po’ perche’ vuole pesarle bene perche’ il significato sia chiaro.
...racconta di quando compro' la fattoria, di come allora i tempi fossero diversi, e che anni fa non avrebbe mai immaginato che il latte al supermercato potesse costare meno dell’acqua o che il costo della lana potesse essere cosi’ basso, mentre i negozi sono pieni di maglioni di acrilico.
Un raggio di sole taglia la nebbia e si vedono castelli lontani e le pietre che affiorano alla marea dell’Oceano. I suoi avi erano contrabbandieri spesso facevano finire le navi sugli scogli per rubarne il contenuto.
Poi qualche generazioni fa sono diventati allevatori e ormai le navi incrociano al largo con i loro scafi di metallo e sembrano irridere quegli spuntoni di roccia.

Racconta di come qui tutto sia diverso, dice che una cavalla aveva due gemelli in grembo e ne aveva dovuto uccidere uno, perche’ i cavalli non possono portare a termine un parto gemellare.

C’e’ chi si fa problemi etici sugli embrioni, dimenticando che la natura e’ dura.
Uccidere un feto per salvare il fratello e la madre non e' peccato (e nemmeno chi riesce a dare la vita grazie alla scienza e alle provette).
...e racconta che dopo aver perso la moglie non ha mai cercato una compagna, che lui e’ felice cosi’, a guardare il suo altopiano e le sue poche cose.

Mentre parlava la sua serenita’ mi faceva riflettere.
Io non riuscierei mai a vivere come lui, ma sapere che gente sceglie una strada e riesce ad essere felice, mi commuoveva.
Mentre pensavo “col cavolo ch’io potrei alzarmi ogni giorno all’alba”,
E poi io non ci sarei stare legato a una terra troppo a lungo (infatti ho ripreso il corso di francese che non si sa mai dove sara' il futuro).
Io non so dove saro’ in futuro.
Pero’ quel sentimento di pace dato dalle poche cose lo capisco ancora.
Mi da piu’ felicita’ la strada che la terra coltivata, ma ogni uomo segue un suo percorso e cio’ che rende felice te che leggi non puo’ rendere altrettanto felice me, ma  so per certo che han visto anche degli zingari felici.


* Certi libri pero’ accorciano la vita. Le foto di questo post sono mie.

Friday 24 December 2010

Com’è triste Venezia....e figurati quella del nord.

La compagnia è variegata e allegra, costituita per la maggior parte da Siciliani emigrati in UK. La cosa è resa evidente: oltre che dall’applauso all’atterraggio, dal fatto che, attendendo che vengano messe le scalette, si sente una voce che richiede l’apertura delle portiere al grido di “Bussola Capo!!!” proprio come sui peggiori autobus di Palermo.

Vediamo il museo di Van Gogh.
"Van Gogh tanto geniale quanto incompreso in vita, si formò sull'esempio del realismo paesaggistico dei pittori di Barbizon e del messaggio etico e sociale di Jean-François Millet"….aspè lasciamo stare le wikipedia: ve lo spiego a parole mie.
Van Gogh era un poveraccio che in tarda età aveva deciso di diventare pittore.
Essendo autodidatta riusciva a vedere le cose in maniera molto personale e lontana dalla visione accademica che era un po’ quello che facevano gli espressionisti che sarebbero arrivati dopo di lui.
Ora ci fu un momento che ebbe la consapevolezza che stava creando qualcosa di grande (e qui citerei il grande Cesare Cremonini…il filosofo, non il lunapop).
Dicevo che aveva capito che poteva formare una scuola pittorica.
Allora aveva chiamato Gaugin gli aveva tempestato la casa di girasoli che a lui piacevano (e anche a me).
Dopo qualche tempo i due litigano, e Van Gogh alla fine della discussione si taglia un orecchio.

C’è chi dice che Gauguin gli avesse rinfacciato di dipingere in maniera troppo spontanea….insomma di andare ad orecchio.
Sta di fatto che seguono dipinti tristi, come la camera vuota, piena di colore ma senza l’amico. Quindi viene rinchiuso in manicomio, alla fine tetri corvi (quadro a fine post) e il suicidio tramite pistolettata.
Rimane l’amaro di questa triste storia. E la consapevolezza che se per caso Gauguin gli avesse rinfacciato di disegnare a cazzo (anziché a orecchio), forse la storia sarebbe potuta divenire ancora più trista.


Uscendo dal museo, passeggiando per i canali arriviamo alla casa di Anna Frank.
Anna Frank era una bambina tedesca ed ebrea che, per fuggire alle persecuzioni ebree dei nazisti si sposta prima ad Amsterdam e poi entra in clandestinità, nascondendosi con altre 8 persone in un appartamento.
Di giorno quando la gente viveva negli uffici di sotto, Anna doveva riuscire a non fare rumore, quasi ad annientarsi fisicamente.
Allora sognava e immaginava una vita diversa.
I suoi sogni erano cose piccole: sentire il sole, l’aria aperta, andare in giro liberamente. Tutti questi pensieri venivano scritti nel diario che teneva.
Quando gli alleati stavano per liberare Amsterdam il nascondiglio venne svelato (non si sa da chi) alle SS e Anna e la sua famiglia vennero presi e portati nei campi di concentramento dove tutta la famiglia (ad eccezione del padre) moriranno.
 Anna muore di tifo a sole tre settimane dalla liberazione del campo di concentramento.

Dopo questi due musei eravamo abbastanza giù e inizavamo a comprendere perchè in giro ci fossero tante bici che tentavano il suicidio gettandosi nei canali (vedi foto).
Amsterdam, coi suoi canali è troppo  ricca di storie e Storia.
Case oblique e i canali giù al porto che raccontano vite passate.
Sentivamo addosso il peso di quelle storie, della memoria storica, dei dolorosi passaggi che hanno portano l’uomo a divenire ciò che è ora (nel bene  enel male).
Dopo la prima giornata decidiamo che s’è sofferto empaticamente più di quanto lo si possa fare (considerando anche che s’era senza arancine a S. Lucia). Pertando si decise di cambiare registro e, pur mantendo la meoria delle cose viste si disse: si disse basta con le cose triste.
Da domani solo
donnini allegri.
Ma questa è un'altra storia.

Nel Frattempo Buon Natale. Di cuore.

Friday 20 August 2010

Di opposte supposte

Guardandosi in giro, l’America non da punti di riferimento ne’ proporzioni.
Le macchine sono gigantesche.
Mentre mi accompagnano mi chiedo a cosa serva tutta quella potenza se i limiti di velocita' sono spesso piu’ bassi di quelli europei.

L’accensione dell’aria condizionata congela il mio ultimo pensiero: tenere un clima polare nell'abitacolo richiede quello spreco di energia.
Cosi' ora sono circondato da pinguini e, a proposito di uccelli, mi chiedo se lo junk-food non abbia effetti sulle dimensioni del pene degli indigeni che vadano compensati con queste macchine di grosse dimensioni.

Ora, se vuoi capire in un posto e non perderti, non devi cercare guide e navigatori ma parlare coi taxisti.
Quello che m’accompagnava a Miami beach aveva senz’altro una storia interessante.
Originario del Sudan dove s’era laureato in medicina.
Aveva poi vissuto per 7 anni a Kiev con una borsa di studio prima della caduta del muro e parla di quei giorni con calore....o almeno non ne menziona il freddo.
Dopo la crisi dovuta al crollo dell’est aveva lavorato in Irlanda come dottore ed ora era taxista a Miami (non essendogli stati riconosciuti i titoli di studio).

Gli chiedo cosa pensa dell’America.
Mi dice che e’ strana: che gli ricorda la Russia pre-Glasnost.
Strade larghe a significare qualcosa (ma non dice cosa, e forse non lo sa).

Apparente liberta’ ma un invisibile controllo sulle parole  e azioni.
Mi fa un esempio: quando lavorava in Europa e la polizia ti fermava per un controllo si poteva parlare e discutere.
In Florida, dice, se ti fermano non devi scendere dalla macchina o fare gesti inconsulti o potrebbero spararti. Come in URSS.
Lui stesso dice che sono due estremi contrapposti, ma in pratica sempre una dittatura molto simile. E ci ride su.
Poi passiamo a parlare della riforma della sanita’ di Obama.

Immagino che quest’uomo sia o sia stato comunista con tanto di tessera (non c’era altro 
modo che dal Sudan potesse avere una borsa di studio per i 7 anni a Kiev).
E lo capisco da come parla delle cose, compara e ne ricorda altre nonostante le palme e il cielo blu e il mare tropicale siano quanto di piu’ lontano ci possa essere dal Dnieper gelato.
Ci salutiamo e quando scendo dal taxi gli auguri un sincero “buona fortuna”.

Che abbia trovato l’ultimo comunista d’America?
O che sia stato valutato dalla Cia in uno dei suoi piu’ riusciti travestimenti?
Erano in Russia piu’ liberi di quanto pensassimo? Sono davvero cosi’ controllati in America? E quanto siamo liberi noi che, unici in Europa, abbiamo una parziale liberta’ di stampa?
Tutto questo ragionare sui massimi sistemi mi fa sentire piccolo e incapace d’incidere la realta’.
Registro sul blog i pensieri ripromettendomi di rifletterci su quando avro’ piu’ elementi e il caldo non appiccichera’ i vestiti sulla pelle, come adesso.
Poi penso a cio’ che sono. Penso a cio’ che ho oggi.
Per esempio, ora non vorrei proprio vantarmi, ma ve l’ho mai detto che ho una macchina blu che e’ proprio piccolina?
....e voi lo sapete cosa compensi.

Friday 13 August 2010

Jamaica, land we love

La Florida non e' come ce la fanno vedere in tv: la figaggine e' presente in concentrazione elevata in posti discreti, circondati da paludi e alligatori*.
Quando mi hanno mandato in missione (per conto di dio, asserzione corretta solo qualora il denaro fosse il vostro dio) in Florida non mi aspettavo di scoprire tutte le cose che vi raccontero' prossimamente.
Gli States sono belli perche' vari.

C
osi' puo' capitare di ritrovarsi a un concerto per l'indipendenza della Giamaica (6 Agosto).
All'ingresso vengo guardato con sorpresa, un po' di sospetto, infine accolto con un sorriso.
Un po' frastornato entro e capisco: sono l'unico Bianco fra un migliaio di neri.
All'inizio mi sento un po' fuori luogo.
Mi sento osservato.
Dopo la prima sorpresa la gente smette di guardarmi e riprende a ballare il raggae.

Vado in giro fra i chioschetti dove trovo le specialita' Giamaicane come il pollo-cazzone (il jerk-chicken) che come animale sta tra la mucca pazza e il cappone finocchio, l'atmosfera e' allegra.

Prima di iniziare il concerto cantano l'inno: Jamaica land we love (Giamaica, la terra che amiamo).
Alla fine pronunciano la promessa nazionale che recita cosi':

Davanti a dio e all'umanita', prometto l'amore e la lealta' del mio cuore, la saggezza e il coraggi
o della mia mente, la forza e il vigore del mio cuore nel servizio dei miei compagni cittadini; prometto di difendere la giustizia, l fratellanza e la pace, di lavorare diligentemente e creativamente, di pensare generosamente e con onesta'in maniera tale che la Giamaica, sotto dio, possa aumentare in bellezza, amore e prosperita' affinche' possa fare la sua parte nell'avanzamento del benessere dell'umanita' tutta.
(qui in inglese)

Ora, forse letto non fa lo stesso effetto, ma mille pertWo%@‹d ~qCTano  all'unisono queste parole (a cui manca solo una citazione delle donne ubertose con le poppe di marmo  per essere perfetta) fanno riflettere. 
A vedere questa giovane nazione che si riconosce con orgoglio nei suoi miti e nelle sue radici (piu' Bob Marley che nel pollo-cazzone); nel vedere questa gente che porta conduce una vita lontana da quel paese martoriato da violenza e corruzione, eppure si ritrova a festeggiarne l'indipendenza, un po' di invidia viene.
Il prossimo anno saranno 150 anni della nostra "amata" repubblica e sarebbe bello avere un briciolo del loro amor di patria.
Un amore per una terra che va al di la' delle visione politiche perche' alla fine cio' che tutti vogliono e' un posto dove
potere prosperare e fare crescere le nuove generazioni.
Dopo quest'esperienza auspico un cambiamento culturale che possa spazzare via il vecchio (e il nano) e si possa di nuovo tornare a parlare di come fare crescere una nazione di tutti, anziche' gli interessi di pochi.

Poi, siccome la festa dell' inidipendenza m'e' piaciuta, nonostante il mio essere in minoranza.
Se la dittatura silente impedira' di festeggiare l'indipendenza dell'Italia, per ripetere l'esperimento, il prossimo anno, mi abbronzo, mi faccio nero e vado a Pontida**.


*Florida is a huge swamp with dispersed patches of coolness
** Peace an Love, Padaninas Bro'..
Post a tema sull'altro blog.

Thursday 27 May 2010

Della prima volta che riuscii a sopravvivere senza la cucina di mia madre e di come questo renda forti (ma non voglio dire che la mia mamma cucina pesante).

Torno in Andalusia.
10 anni fa e’ iniziato tutto qua: perche’ se avessi avuto un Erasmus di merda, incontrato gente terribile, oggi non sarei cio’ che sono.
Invece ho incontrato gente spettacolare e mi sono sentito a casa in un posto straniero. E queste son cose che ti segnano: che a incontrare gente cosi’ uno finisce che ripone fiducia negli uomini, nelle persone, di culture diverse, con storie e vite differenti dalla mia e per questo interresanti da ascoltare.
Per questo dico che l’Andalusia ora e’ un po’ casa mia.
La prossima volta che lascio casa devo ricordarmi di lasciare le finestre aperte, che c'e' un caldo porco (dai 10 gradi del Galles all’alba ai 30 di Siviglia).
Il congresso va bene: conosco gente in gamba.
La seconda sera scendiamo per la calle, en el barrio Santa Cruz.
La gente e’ distratta: c’e’ il Siviglia in finale di Coppa del rey (l’omologa della Coppa Italia). Il Siviglia vince 1-0 sull’Atletico Madrid.
Per strada c’e’ una gran festa.
Gente nelle fontane.

Sono combattuto: non ho nessuna ragione per buttarmi dentro una fontana (se non lo sperare che le 3 ragazze che sono con me mi seguano fino all' elezione di Miss Maglietta bagnata nel tripudio generale).
Pero' io ricordo i miei compañeri di piso che mi dicevano che i proletari e gli operai sono del Betis (l’altra squadra di Siviglia: bianca e verde).
I fighetti ben abbienti sono del Siviglia.
Detto cio’ io e i miei compañeros ci siamo sempre detti del Betis, operai e proletari.....il che e’ notevole visto che nessuno di noi possiede prole o e’ mai entrato in una fabbrica per capire cosa fosse il lavoro.
Allora ci limitavamo a frequentare l’universita’. Quella di Siviglia e' nella Reale Fabbrica di tabacco, dove lavorava la Carmen. Forse hanno una laurea in tabaccologia.

Il congresso finisce Venerdi’ notte. L’aereo e’ domenica mattina.
Il sabato decido di seguire la ragazza Russa che vuole visitare l’Alhambra giu' a Granada.
Vi ritorno per la terza volta ed e’ sempre bellissima:
la bellezza delle montagne innevate della Sierra Nevada, bianche nonostante il caldo afoso, le fontane, i giardini, il palazzo non grandioso, ma perfetto mi fanno intuire la grandezza dell’idea del paradiso islamico. Eccetto quella cosa delle 40 vergini che saranno anche difficili da soddisfare...c’e’ il rischio di morire d’amore eccessivo.

E queste cose le pensavo all’aeroporto.
Un po’ rincoglionito dalla stanchezza del viaggio, dal vino tinto che in Spagnolo significa rosso e in Siciliano significa cattivo (verita' entrambe: che si sa che il vino per la sangria piu’ e’ cattivo e piu’ e’ buono).
E pensavo anche di come avevo dormito per 5 notti in un albergo a 5 stelle, e di come per essere andato a Granada ed essere giunto tardi all’aeroporto mi toccasse passare una notte la’, su una panchina.
La cosa non mi costava tanto:
ultimamente passo con facilita’ e cambio lingue, ruoli, tra luoghi e persone che cambiano.
Sono convinto di potermi adattare ad ogni situazione all’inizio per poi di riuscire a adattarla a me.

La cosa piu’ bella? Che mi diverto nel farlo.
Il futuro non fa paura: quando arrivera’ lo faro’ bello.
Se non ci riusciro’, me lo lascero’ passare addosso finche’ non sara’ passato.

...e tutto e’ iniziato circa 10 anni fa incontrando persone giusto e lasciandomene dietro altre.
Flavia e Sebastiano mi dispiace di non essere passato salutarVi ma tutto e' stato un po' imporvvisato (per esempio non dovevo andare a Granada, ma poi sapete com'e'...ne tira piu' un pelo di russa etc.).
La prima volta che  vengo
non per lavoro, prometto che ci si vede. Un abbraccio.

Saturday 15 May 2010

Tra folletti e fate alla ricerca dei calzini perduti.

Irlanda (versione per entusiasti)
L’Irlanda e’ una grande isola verde, con un cielo giocoso di cui stupisce il blu.
La sua gente e’ allegra e danza per le strade di casine rosse allineate.

Rosse sono i capelli delle sue donne, che ben si appaia alle lentiggini (che un viso senza lentiggini e’ come un cielo senza stelle), gote rosee e occhi verde foglia, sorridenti e maliarde.
Come le Banshee che danzano nei boschi e invitano a seguire le vie della pazzia un po’ tipica del piccolo popolo.
Che si sa che ala fine dell’arcobaleno suole celare un tesoro.
Se si sara’ capaci di estorcerlo superando in inganno il folletto che ne e’ custode.
Oh Irlanda, quanta fortuna in questa terra.

L’Irlanda versione per realisti.

L’Irlanda e’ un isola estesa 3.34 volte la Sicilia, da una connotazione metereologica giocosa il cazzo, dove piove sempre, tranne quando si deve ripartire.
La sua gente e’ generalmente gioviale grazie all’utilizzo dell’oro rosso rubino (leggesi Guinnes) d’Irlanda che rende tutti piu’ socievoli.
La pratica non e’ di per se non disdicevole, ma va detto che la musica Irlandese, senza la corretta quantita’ di birra appare alquanto simile al country texano.

Visto che piove sempre conviene rifugiarsi nei musei (che sono gratis alla maniera dei musei britannici).
Le donne Irlandesi sono bellissime. Non so se son fate, ma spessissimo in mano tengono folletti: non nel senso dell’aspirapolvere ma nel senso dei giovani virgulti-gnomi (il piccolo popolo again?).
Questi piccoli uomini di certo hanno il piglio degli antichi mitologici nanetti: alcuni ridono, altri sono assorti a contarsi le dita, molti, infine, capricciosi e ingannevoli, scassano i cabbasisi.
Finalmente ho visto Dublino: 4 giorni di vacanza pieni di magia: le musiche, le persone, ma sopratutto l’incredibile magia dell’Euro che tutto fa levitare (nel senso dei costi).
La statua alla “grande fame”, la si trova di fronte al cuore economico della nazione. Come a ricordare come le vicende delle umane stirpi siano alterne e mutevoli.

Ed io, penso a tutto cio’ e pondero, ragiono, quantifico, misuro.....che tra due giorni devo essere a una conferenza in Andalusia, e non ho da parte abbastanza calze pulite.
Quand'ecco apparire, in verde. Un filone di calzini che credevo scomparsi: erano finiti dietro il cassetto. Una fortuna immensa per chi si accontenta di piccole cose.
Ora speriamo che il vulcano Islandese la finisca di fare lo stolido.


Sunday 25 April 2010

Lisbona la bella. (Lisbella la bona?)

Lasciamo la nebbia fredda di Fatima e arriviamo a Lisbona che ci accoglie con cielo blu e una giornata calda che mi fanno sentire in un posto bellissimo.
Penso cio’ guardando un cartello stradale che recita Lisbona, Benfica.

Magari e’ solo come suonano le parole ma se sono riusciti a convincere generazioni di amanti senza fantasia che Parigi o Venezia sono citta’ romantiche capirete quanto il marketing sia piu’ importante del prodotto in se.
Passeggiamo in centro dove 23 spacciatori in meno di un ora mi offrono fumo, hascish, marjuana; uno sua sorella.
Dico a tutti la verita’: “grazie, non fumo”. Quello che mi offriva sua sorella, spiazzato dalla mia risposta ci rimane male.
Mi chiedo come mai tutti mi offrano queste cose. Torno in albergo un attimo a controllare una cosa.
Ho capito. Barba e capelli lunghi: tipico del mio essere vacanziero, fanno percepire la mia presenza come quella di Woody Allen nel film
della foto.

Non sapendo da dove iniziare a scoprire questa citta’ decidiamo di andare a vedere la cattedrale, che in portoghese si chiama Se'”.
Insomma, partiamo una volta ancora alla scoperta del “se”.
Poi andiamo in giro a piedi o coi tram che si arrampicano sfiniti per salite assurde.
A volte dei giovani si attaccano alla porta dei filobus dalla parte esterna e, sul predellino si fanno accompagnare per la citta’ senza pagare il biglietto. Sono dei Portoghesi.

Nella fretta, abbiamo lasciato le guide in macchina, all’aeroporto di Bristol. Abbiamo solo un post it con dei suggerimenti da un forum inglese che consigliava di evitare due quartieri l’antico Alfama e il Bairro Alto. Ci fiondiamo la’, passeggiamo per le stradine e non ce ne pentiamo affatto. Sono la parte piu’ bella, vera della citta’.

Andiamo anche alla foce del Tago. Qui c’e’ una famosa torre.
Qui si fermavano i marinai che tornavano dalle Americhe e parlavano delle meraviglie viste.
Non avendo la guida con me, mi piace pensare che da queste storie di marinai si sia stagliata nitida nei secoli una donna sudamericana e che pertanto a lei sia stata dedicata la torre. La torre di Belen.


Di fronte alla torre c’e’ una statua del Cristo redentore che, con le braccia spalancate guarda il suo piu’ famoso omologo che al di la’ dell’oceano (a Rio de Janeiro) sovrasta il monte Corcovado.
Accanto alla torre c’e’ anche il monumento alle scoperte.
Qui i volti degli scopritori portoghesi guardano la fine del fiume nella direzione delle terre da lo
ro scoperte oltre mare.

Solo che in realta’ gli scopritori guardano il Cristo scettico sull’altra sponda del Tago, e nessuno dei due sembra essere troppo certo di dove finisca il fiume e dove siano l’oceano e le terre d’oltremare.
Il mare confonde, circonda e circonfonde.
Borges diceva che il mare e’ un antico linguaggio che non si lascia decifrare.
Se questo e’ vero, io che ho familiarita' con le isole non ho problemi.
Un isola e’ un punto fermo su cui arrivare per poi ripartire.
Ogni uomo e' un isola e, per come la vedo io, non e' necessariamente un male.

Tuesday 20 April 2010

Fatima: il santuario (e sulle concezioni della Fede).

L’altro di’ ero al parco. C’era una papera seguita dai paperotti, appena nati. Cercava di tenerli in fila, insegnando loro a nuotare.
Uno fini’ in mezzo a un cespuglio e non riusciva a passare, ostacolato dalla corrente.

Il viaggio a Fatima e’ un viaggio strano, mi ci ha portato la mia ragazza e mi ci trovo piu’ per amor suo che per la fede.
Fatima sono 4 case in mezzo sulle montagne dove si dice che sia apparso a 3 pastorelli dapprima un essere chiamato “angelo del Portogallo” e poi la Madonna che abbia esortato i pastorelli alla preghiera e al sacrifizio.
Da li’ il paesino ha riscoperto un anima (commerciale) divenendo una meta di pellegrinaggio mondiale.

C’e’ un atmosfera grigia in cielo, grigia in terra e nemmeno le persone attorno mi sembrano particolarmente solari.
Tutti i negozi vendono materiale a tema ecclesiastico.
Tra le statue che si accumulano in tutte le forme e colori (il fluorescente va moltissimo), vedo anche una mano di Fatima.
La mano di Fatima e’ un simbolo Islamico che per i credenti islamici rappresenta dunque il simbolo della serietà e dell'autocontrollo (
qua piu’ dettagli). Chissa’ se il mercante da tempio che lo tiene in vetrina sa la storia di quel simbolo.

Andiamo al santuario.Un fumo nero, denso si alza. Fumo di candele bruciate da gente che chiede qualcosa o scioglie voti. Alcuni hanno le forme della richiesta (vedi foto) e sono alquanto inquietanti.
Come tutti, accendo una candela. Ma non esprimo desideri....non per mancanza di fede (del resto li esprimevo anche prima di soffiare le candeline), ma perche’ per ora va davvero tutto bene.
Non penso che cose come piu’ soldi potrebbero rendermi piu’ felice.
Mi renderebbero felice in maniera diversa. Ma io al momento sono felice della mia felicita’ cosi' com'e'.

Pero’ in mezzo a quel fumo vedo l’infelicita’ di chi ha problemi e sia affida cosi’ a un essere superiore. Una signora arriva con un sacco di candele e mi dispiace seriamente per lei.

E c’e’ gente che percorre in ginocchio un percorso, e vedo le loro facce sofferenti.
Penso a questo posto e a cio’ che rappresenta.
E’ frutto di una fede forte, ma priva di felicita’ che si crogiola nel sacrificio.

Nella mia visione c’e’ un dio che arrivato dall’altro lato mi chiedera’ conto della mia vita ponendomi una domanda ben precisa:
“qual’e’ la migliore bettola in cui mangiare?”.
Mi piace pensare siamo stati creati ed evoluti per fare un mondo migliore.
Conoscere, viaggiare, conoscerci, amarci e moltiplicarci.
Con quella domanda s’impedirebbe l’accesso in paradiso di qualsiasi xenofobo o chiunque non si sia mai messo in gioco chiudendosi nella sua valle alpina o biblioteca-torre di cristallo.

E’ ovvio che questa mia visione e’ piu’ frutto di una religiosita’ personale di cui ho gia’ parlato qua, quando ancora scrivevo bei post.
La verita’ e’ che mi dispiace davvero che ci sia tanta fede (c’e’ gente che e’ venuta da tutto il mondo, molti asiatici), tanto potenziale d’amore e che sia investito in compiere sacrifici o codificare comportamenti piuttosto favorire la comunicazione tra i popoli.
Pero’ la chiesa di oggi mi sembra capace solo di dettare regolette su come bisogna comportarci in cambio di 8 per mille e combattere il relativismo e la secolarizzazione (che non sono concetti con cui risvegliare le masse).....e nemmeno la balla del teologi che identifica nell’eruzione un avvertimento di dio. Io non crederei a un dio che usa i vulcani come editoriali di Feltri per avvertire gli amici.

E poi c’e’ la storia della pedofilia che mi mette troppa tristezza, perche’ troppe parole sono state pronunciate, tranne quelle giuste.
Per come la vedo io, la papera ha preso i piccoli e li ha fatti salire su un isoletta. Poi e’ tornata dal paperotto che era rimasto incastrato nel cespuglio, l’ha spinto contro la corrente fino a passare i rami e hanno ripreso a nuotare verso gli altri.
Se una papera, che non ha anima e non ha amore riesce a fare tutto cio’ solo per istinto materno che l’evoluzione ha selezionato per garantire piu’ sopravvivenza.
Noi non siamo animali, ma figli della natura si, e obbediamo alle sue leggi....che vogliono che ogni organismo si moltiplichi (il celibato imposto e’ contro natura).

La natura e’ forte, e noi siamo forze della natura.
E se non ci fosse un dio, dall’altro lato, non mi dispiacerebbe affatto addormentarmi e tornare alla madre terra.
Stiracchiare le mie molecole fino a farle diventare qualcos’altro.
Sarebbe bello diventare una melenzana viola che cresce al sole di Settembre.; che se non s'era capito, a me piacciono tanto le melenzane.
Cerchero' di postare un po' piu' spesso. Stay tuned ;-)

Tuesday 13 April 2010

Porto: un posto di passaggio travestito da citta’.

Arriviamo in centro con la nuovissim metropolitana e dall’albergo scendiamo verso il porto, giu' al fiume. Scendendo, la citta’ diventa piu’ antica e colorata, ma purtroppo anche anche piu' triste e  decadente.
Dalle parti della stazione di Sao Bento incontriamo un giuovine che ci racconta che la sua casa e’  bruciata, i suoi genitori lo hanno cacciato di casa, ha perso il lavoro, la sua ragazza lo tradiva col suo migliore amico, il suo gatto era finito sotto una macchina....insomma avevamo uno sceneggiatore di telenovelas.
Scendiamo a fare colazione in centro. Contento di potere parlare la mia seconda lingua ordino la colazione in Spagnolo. Paghiamo 6 Euro.
Giriamo un po’ la citta’, dopo avere mangiato la Francesinha andiamo verso le cantine dove ci raccontano la storia del Porto (inteso come vino), per chi interessa e’ uguale a quella dello Sherry, che e’ come gli inglesi chiamavano Jerex (de la Frontera), poi ci servono un bel po' di vino.
Il giorno dopo a colazione la mia ragazza fa una magia: mi dice di stare zitto e lei ordina in Portoghese le stesse cose (praticamente mette una “sc” al posto delle “s”).....e paghiamo 3 Euro. Cavolo non sapevo fosse cosi’ facile ridurre il tasso d’inflazione. Un altra teoria vuole che ai Portoghesi gli Spagnoli stiano sulle Pelotas per cui e’ meglio provare a parlare un portoghese o italiano che in castigliano.
Il giorno dopo arriviamo alle 10.50. L’autobus partira’ alle 11.00. Dobbiamo ancora fare solo i biglietti ma tanto alla biglietteria c’e’ solo una gentile e dolce nonnina da aspettare.              La nonnina compra un biglietto per il giorno dopo e poi inizia a parlare della visita ache fara’ alla nipotina...i miei 5 anni fra la gente pignola e precisa come quella dei Sassoni vorrebbe spostare di peso la vetusta gentildonna per fare il biglietto in tempo. Ma sorrido e sto muto.
La nonnina racconta dei regali che sta portando alla nipotina, ed i miei 6 anni nel Trevigiano, fra gente per natura tollerante capisce benissimo la necessaria loquacita’ dell’avita signora e non la vorrebbe sorpassare e fare il biglietto. Infataccio.
La nonnina ora racconta da quanto tempo non vede la nipote e di cosa fara’ con lei e i miei due anni Elvetici mi porterebbero all’apostrofare con parole argute la fottuta vecchiaccia che devo fare sti cazzo di biglietti che mi parte l’autobus.
Ma finalmente si leva dalle palle e riusciamo a fare i biglietti. Sono le 11.05, ma riusciamo a prendere l’autobus perche’ anche l'autista ha deciso di partire in ritardo per finire la sigaretta.
Il mio essere Siciliano pondera la seguente: l’attitudine mediterranea alla troppa rilassatezza fa male e per chi non e’ abituato fa fare sangue amaro  risulta essere causa di stress.....tuttavia, se ci si mettesse un po’ d’accordo sul concetto di ritardo e concordassimo 10 minuti di elasticita' su ogni orario, forse tutti ne proveremmo giovamento.

Salutiamo Porto e non ho ancora capito se m’e’ piaciuta.
Certe parti cadono a pezzi ed e’ decadente e triste come la sua musica, il fado.
Andreia, una mia amica di vecchia data, che e’ nata a Lisbona ma lavora a Porto.mi dice che questa citta' e’ un luogo di passaggio e rappresenta lo scenario perfetto delle storie di cui e’ testimone e di cui rappresenta la sommatoria.
Porto ha una bellezza nascosta: non si offre a tutti, ed e’ difficile da capire se si e’ turisti di passaggio.
Ricorda Palermo: citta’ struggenti per chi e’ capace di leggere le storie delle glorie di un passato sempre piu’ lontano nel tempo e nella memoria.
Purtroppo io a Porto tutto cio’ l’ho solo intravisto, anche perche’ dopo tutto quell vino denso....non c’era nessuno che mi teneva ferma la citta’ che continuava a sdoppiarsi beffarda. 
Son tornato adesso finalmente a casa. Ora posto delle foto fatte da me e riprendo a raccontavi il viaggio.

Thursday 8 April 2010

Te lo do io il Brasile

La mia ragazza mi disse: "ti porto in vacanza dove avresti sempre voluto andare".
Io pensai: "andare in Brasile con la propria ragazza e' come entrare in una birreria portandosi la birra da casa".
In realta' non ero sicuro che mi volesse portare la', ma le vidi scrivere una mail in Portoghese....i sospetti si addensavano.
Chiesi un aiutino per vedere se avevo indovinato la localita' delle vacanze.
Lei mi disse che andavao nel paese delle "3F".

Non avevo piu' dubbi, tra me e me pensai "Figa, Futbol e Feijoada sto arrivando"!...e  cantando Bossa Nova
schiaffavo camicie tropicali nello zaino muovendomi col passo della Mangano nel "negro Zumbon", pregustavo le bellezze della natura (che spesso da quelle parti sono sode), il monte pan di zucchero e altri panettoni assortiti.
Ai costumi degradati dei suoi abitanti (infatti la materia dei costumi s'e' degradata ed e' rimasta solo in concentrazione minima).
Ai costumi sessuali liberi eccessivamente (non sto a criticare i cambi di sesso), ma la cantante dei Banda Eva, ultimamente mi sembra cambiata in peggio: da
cosi' a cosi.
Proprio in quel momento mi arrivo' la notizia: andavamo nel paese delle 3F: Portogallo, terra di Fado, Fatima e Francesinhas.

Il fado e' l'inverso della Samba: quest'ultima e' sole ed allegria dove il fado e' triste malinconia.
E' un canto dell'anima un canto sofferente ma pieno della dignita' e della cultura propria di questo popolo (che per non tradire la sua cultura del lamento gioca a calcio da dio, ma non vince mai niente).
Eppure, in quel momento, avendo appreso la notizia, togliendo le camicie tropicali e sostituendole con altre ben piu' scure, con la mia formazione culturale fatta da veline sfacciate e poppe al vento da tv commerciale, a sentire che non si andava in Brasile ma in Portogallo, sentivo dentro di me un sentimento che se non era quello del fado, molto, invero lo rassomigliava.

Con questo spirito appropriato per il venerdi' santo atterrai a Porto.
Prossimamente vi racconto il resto del viaggio.