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Saturday 1 December 2012

Cronache dal nulla: una visita al Missouri. Terra' e liberta'.


La Manhattan di New York, la grande mela, la conoscono tutti.
La Manhattan di Kansas City, detta la piccola mela, non la conosce nessuno, e per dire la verita’ non ci tenevo a conoscerla nemmeno io.
Ma com’e’ come non e’, eccomi qua a Kansas City (che non e’ in Kansas ma in Missouri), ed e' la citta’ dell’ “OrnitologoCharlie Parker.
2 giorni fa ho preso una macchina lasciato St.Louis e attraversato il Missouri.
Uscito dell’aeroporto, presto la civilizzazione e’ scomparsa, lasciando il posto al vuoto.
C’e’ una lunga strada che attraversa il niente. Ai lati di questa strada si vedono un sacco di cartelli ma e’ chiaro che sono li’ per la strada e non viceversa. 
Molti cartelli sono pompe di benzina (la benzina qua e’ 0.92 €/L….ma gli americani con me dicono che qualche anno fa era molto piu’ economica). 
Oltre quei cartelli c’e’ il vuoto. Sonoin the middle of nowhere” come dicono gli indigeni, o “dunni lu Signuri persi li scarpi”, come dicono gli autoctoni Siciliani.
Scende la sera, le machine si fanno piu’ rade, tra un uscita autostradale e la successiva possono intercorrere diverse miglia.
Si vedono solo I fari della macchina che illuminano una porzione di niente, una pianura fin dove arriva l'occhio.
Penso che sia un paesaggio a cui non sono abituato: il niente.
In Europa tutto e’ uno  costruito sopra qualcosa che e’ gia’ esistito. Consci di cio’ si e’ obligati a costruire in maniera da integrare cio’ che e’ stato per non infastidirlo.
Qui, invece e’ tutto spazio libero. Nonostante cio’, le citta’ sembrano volere appropiarsi di un passato che non e' il loro. Saluto le uscite per Cuba, Eureka, Salem, Vienna (tutte in Missouri).
A st.Luois c'e' il Gateway Arch perche' questa una volta era la porta del west. Chi arrivava qua si lanciava alla conquista di un pezzo di terra verso il  miglio quadrato di speranza che avrebbe dato la liberta' dai padroni.
A Cuba (Missouri) prendo un pezzo della Route 66, oramai una vecchia statale usata pochissimo, visto che in questo punto corre parallela all’autostrada a 4 corsie.
La Route 66 mette tristezza. Penso a “Furore”, penso a quei contadini che dopo avere coltivato il suddetto miglio quadrato, guadagnato con la corsa all’ovest, avevano sfruttato e impoverito le coltivazione che oramai non producevano che polvere.
La Route 66 indicava dove migrare, verso la California, inseguiti dalla Dust Bowl (vedi foto) e dalla fame della grande depressione. Verso il mare della California.
Perche’ e’ vero che questa terra e’ da riempire e lascia liberi di fare cio’ che si vuole.
Eppure la liberta’ inebria e non conosce limiti, nemmeno quello che dice che sfruttare un giardino senza cambiare cultura lo trasforma in un campo dove cresce solo la polvere (causa dei dust bowl). 
La notte non e’ fredda, abbiamo mangiato in un ranch un bufalo, la camaro rossa sfreccia rumorosa bevendo benzina come niente(lo so e’ una macchina da tamarri, ma ve l’ho detto, la liberta’ inebria e induce a fare cazzate).
E poi lasciando St.Louis s’e’ passati dalla cerebrale “Road to Nowheredei talking Heads, a “Going Nowhere” di Elliot Smith. Poi, una volta nella piana, solo Radio Redneck 101  ad ispirare la parte piu’ bovara della mia anima.
Inizio a capire questo posto, la liberta' che ispira, immagino che i prossimi post potrebbero avere l’odore del tobacco da masticare, con lunghe descrizioni della lenta vita bucolica che scorre all'insegna dell’elegia del west.

Poi, parlando con un indigeno (inteso come cowboy, non come indiano), mi dice che lui si sveglia ogni mattina alle 5.
Immediatamente ricalcolo le mie priorita' e accelero verso l’aeroporto di Kansas City, che si torni nella Manhattan vera, l’unica che noi fighetti metropolitani riconosciamo.
Tornero' a Central Park, a fare cio’ che piu’ mi aggrada: leggere, chiedermi che fine fanno le anatre di Central Park quando tutto ghiaccia. Mangiare al Thailandese, dove in questo peirodo fanno un ottima anatra all’arancia (localmente cresciuta).