Tuesday 18 December 2012

Dio e' morto, ma per fortuna Francesco sta bene.

♪ e insegue una maturità, si è sposato, fa carriera ed è una morte un po' peggiore...
Benedetta, la ragazza del mio primo bacio, conosciuta a un campo scout, suonava la chitarra e cantava Guccini. 

Fu cosi' che ascoltai Francesco Guccini e cosi' iniziai ad amare le sue canzoni.
Forse le canzoni mi sarebbero piaciute anche se non le avesse cantate lei. Benedetta cantava spesso anche "Comandante Che Guevara" ma non per questo mi sono unito alla rivoluzione Cubana.


Le canzoni di Guccini sono cosi', le incontri per caso e diventano memoria storica e coscienza collettiva.

Molti delle storie delle sue canzoni vengono dalla cronaca: il suicidio di Jan Palach nella "Primavera di Praga",  i test nucleari di Lop Nur raccontati ne "L'atomica cinese", l'assassinio di Carlo Giuliani in "piazza Alimonda".  
Francesco ha sempre saputo trovare parole cesellandole e battendole a fuoco come un fabbro, abile artigiano che lavora le storie fino a farle diventare piu' fine e grandi, capaci raccontare la Storia quella con la "S" maiuscola; quella che appartiene a tutti noi.
Immaginate la vicenda di Pietro Rigosi, l'anarchico ferroviere che s'impossesso' di una locomotiva lanciandola a tutta velocita' contro un treno di lusso.
Immaginate un giornalista d'oggi che racconta il caso; parlerebbe di terrorista assassino, perfidia politica e ira dissennata.
Guccini invece non mette a fuoco il fochista (perdonate il gioco di parole). Dice: "non so che viso avesse o di che colore i suoi capelli….ma gli eroi son tutti giovani e belli*"
Francesco ci spiega quale fosse il panorama su cui si stagliava la locomotiva, fatto di ricchi troppo ricchi e poveri senz'altra via d'uscita che il disperato gesto di ribellione. 
L'eroe lancia la macchina, il progresso, contro gli sfruttatori, nel nome della giustizia proletaria e dell'uguaglianza.
Io per anni ho pensato che, se non fosse stato deviato su una linea ferroviaria morta, oggi avremmo una società' più' giusta.

Che le sue parole affascinino non v'e' dubbio. Pensate alla canzone "Autogrill".
Si dice che frotte di giovinastri, nell'estate dell'1983, facessero su e giù' per l'A1, alla ricerca di un piccolo autogrill e di una barista di cui avevano una descrizione ben precisa:
"Bionda senza averne l'aria, quasi triste come i fiori e l'erba di scarpata ferroviaria".


Ricordo certe frasi che, cantate a 14 anni, non capivo cosa significassero: nella "canzone della bambina Portoghese", una bambina in spiaggia, al limite del continente, rimane assorta a guardare l'Oceano cercando di comprendere l'universo. Finche' "
 il caldo l'avvolse, si sentì svanire e si mise a dormire e fu solo del sole, come di mani future ;
A quei tempi capii' la confusione della bambina, anni dopo, anche le mani future.


Altre cose che capii' col tempo: quando iniziai ad ascoltar Guccini
l'Eskimo non si usava già' più' e non sapevo cosa fosse....Invece la frase: 
"L'amore fatto alla "boia d' un Giuda" e al freddo in quella stanza di altri e spoglia: vederti o non vederti tutta nuda era un fatto di clima e non di voglia!"Ecco, io quel freddo, ci misi anni a capirlo....e sono ancora raffreddato.
Di certo che certe canzoni di Guccini son come il vino: migliorano col passare del tempo.
Guccini ha sempre scritto di cose reali, di un frigo che dopo un blackout riparte e "con toni rochi e tristi scatarra versi futuristi" (notare che Guccini, pur avendo un difetto di pronuncia sulla "r" non ne fugge una, anzi a volte mi pare proprio che vi si crogioli) quasi se le vada a cercare: per esempio in Bisanzio" dove dice: "astronomo, ridotto come un cieco a brancicare attorno". Mica dice "studioso delle stelle, finito come un non vedente che va a tentoni"?...e poi le piccole storie di persone esistite come Amerigo, l'emigrante non compreso o Cencio il nano che fugge col circo, "realtà capovolta, mondo di uguali perchè tutti strani", o ancora i miti, personaggi storici o letterari: Van Loon, Cirano, Che Guevara, Don Chisciotte, Cristoforo Colombo, Odysseus. Un Calidoscopio di storie consuete, forse piccole e suggerite da un bicchiere di rosso forte, ma non per questo storie minori o lontane (l'aborto in piccola storia ignobile o la scelta tra due donne, in Scirocco).

…e poi la sua vena allegra comica, da risate grasse: come ne "La Genesi", Fantoni Cesira le altre canzone dell'Opera Buffa o nella sincera, bellissima, poco conosciuta "gli amici". 

Francesco, ho sentito che il disco "l'Ultima Thule", segnerà il tuo ritiro dalle scene.
A me dispiace che non tu non voglia più' cantare.
Ma volevo ringraziarti per quello che mi hai raccontato finora. Continuerò ad ascoltare le tue canzone perche' mi ricordano persone e cose, anche se alcune di queste oggi non mi sono più vicine.
E imparerò a dare nuovi ricordi alle
tue vecchie canzoni. Continuero' ad ascoltare i tuoi Cd, la prima canzone che metto quando parto per un viaggio: "canzone per un amica". E' stata la prima canzone che ha suonato il mio primo autoradio e finora non ho mai fatto incidenti.
Ricordero' i tuoi concerti con Vince, Flaco, Ellade e Ares.

 

Ieri ho preso una buona bottiglia di rosso.
Lo berro' alla tua salute, al mondo che, partendo da
via Paolo Fabbri 43 hai raccontato e di cui sei custode e vate.
Non so perche' tu abbia deciso di non suonare più'. Forse, dopo il matrimonio del secolo, l'anno scorso, ti sei reso conto
che ti sei sposato, hai fatto carriera. 
Forse hai voglia di scrivere libri in prosa.
Forse con gli anni i ricordi  le storie vissute si accumulano e pesano e si finisce col fare la fine dei nonni che raccontano di storie vecchie.
Di quei tempi  quando un tempo le cose erano piu' semplici.  Raccontare queste cose a una generazione che non sapra' mai "il sapore dell'uva rubata a un filare" sembra sprecare fiato.

Tutti abbiamo avuto un nonno così. Il mio aveva degli occhiali spessi che gli facevano gli occhi ancora piu' grandi, placidi e buoni.
Raccontava tanto, a volte lo ascoltavo, a volte no.
...e se potessi tornare indietro, quando mio nonno raccontava quelle storie, gli avrei detto: "
mi piaccion le storie, raccontane altre". 


Altri post a tematica Gucciniana (apocrifa) 1.
 

Sunday 9 December 2012

Natale a New York

Ok, lo so, il titolo sembra un cinepanettone...
Quando, agli inizi di Novembre sbarcai a New York, mi aspettavo di vedere gia' tante luci di Natale, invece in giro non c'erano tante decorazioni.

Parlando con gli indigeni mi spiegarono che tutti aspettavano il giorno di Thanks giving.
Perche' per una società' multiculturale, il Natale non e' la festa dell'anno. Certo a Dicembre, i cristiani festeggiano il Natale e gli ebrei Hanukkah, ma la maggiorparte della gente di religione diversa non ha motivo per festeggiare.
Il Thanks giving e' diverso: perche' tutti, indipendentemente dal background etnico o etico, hanno o vogliono fermarsi un giorno per dire grazie per cio' che hanno e per cio' che si e' (tutti tranne i tacchini).
La cosa e' così sentita che per trovare un ristorante crumiro che lavorasse quel giorno ho dovuto percorrere diverse miglia. 
Passato il Thanks Giving day, si sono accese le luci sul Natale, questo si, eccessivo e pacchiano come te lo aspetteresti: un Americanata.
Le compilation di musiche natalizie sono una piaga che imperversa dappertutto e in modo continuo. Immaginate cosa significhi sentire per giorni e giorni Mariah Carey che canta
"All I want for Christmas is you".
 
Ce n'e' abbastanza da i scatenare una violenza belluina. Poi dicono che in alcuni stati vogliono rendere più' semplice il possesso di armi da fuoco (open carry), ….secondo me potrebbero farlo solo nei luoghi dove e' vietata la vendita di compilation di Natale di Mariah (Free Carey).
Gli alberi di Natale fungono da espositori dove attaccare decorazioni natalizie fatte in vetro che luccica e brilla, perché' in questi giorni tutto deve essere cosi' e noi gente grevia, ci sentiamo sempre un po' fuori posto. 
Io lo capisco quel pastorello del presepe che fa il cacciatore e con l'archibugio mira a un pavone con un faccia sorpresa. Infatti pensa, che cavolo ci faccio qua nell'anno zero con un arma che sarà' inventata 14 secoli dopo? Avro' problemi coi legionari romani che, con le loro lance, mi guardano di sottecchi?
Io la bellezza del Natale non la vedo nelle luci, ma nella tradizione, anzi nella ripetizione. Ogni Natale si succede uguale. So gia' dove starò' seduto a tavola, cosa cucinera' mia madre, quando tutti siamo a cena e quando il campanello suonerà', i bambini (che nel frattempo son diventati grandi) diranno: "Ecco Babbo Natale" invece sarà' mio cugino, che e' sempre in ritardo.
Ieri sera sono arrivato a casa, dopo un lungo viaggio.
La casa era fredda e, dopo aver disfatto le valigie e caricato tre lavatrici, e steso il tutto, sembrava di stare in mezzo a un campo di battaglia.
Proprio allora ho notato un post it sulla porta.
Lo leggo, e' la mia scrittura. Dice: "l'ultimo pacco di gocciole e' nella madia in cucina".
 
Non ci pensavo più' ed effettivamente, dopo mesi di cucina esotica ho proprio voglia di una bella tazzone di latte, con un pacco di Gocciole.Ieri sera, in mezzo alla confusione più' totale, in una casa fredda, c'era qualcosa di consueto e conosciuto e caldo.
Ho riflettutto che il Natale per me e' questo. Un momento di pace che arriva ogni anno a spazzare via la confusione.
Le foto di questo post le ho fatte io (tappetino escluso). 
Altri post che parlano del Natale: 1, 2, 3.

Saturday 1 December 2012

Cronache dal nulla: una visita al Missouri. Terra' e liberta'.


La Manhattan di New York, la grande mela, la conoscono tutti.
La Manhattan di Kansas City, detta la piccola mela, non la conosce nessuno, e per dire la verita’ non ci tenevo a conoscerla nemmeno io.
Ma com’e’ come non e’, eccomi qua a Kansas City (che non e’ in Kansas ma in Missouri), ed e' la citta’ dell’ “OrnitologoCharlie Parker.
2 giorni fa ho preso una macchina lasciato St.Louis e attraversato il Missouri.
Uscito dell’aeroporto, presto la civilizzazione e’ scomparsa, lasciando il posto al vuoto.
C’e’ una lunga strada che attraversa il niente. Ai lati di questa strada si vedono un sacco di cartelli ma e’ chiaro che sono li’ per la strada e non viceversa. 
Molti cartelli sono pompe di benzina (la benzina qua e’ 0.92 €/L….ma gli americani con me dicono che qualche anno fa era molto piu’ economica). 
Oltre quei cartelli c’e’ il vuoto. Sonoin the middle of nowhere” come dicono gli indigeni, o “dunni lu Signuri persi li scarpi”, come dicono gli autoctoni Siciliani.
Scende la sera, le machine si fanno piu’ rade, tra un uscita autostradale e la successiva possono intercorrere diverse miglia.
Si vedono solo I fari della macchina che illuminano una porzione di niente, una pianura fin dove arriva l'occhio.
Penso che sia un paesaggio a cui non sono abituato: il niente.
In Europa tutto e’ uno  costruito sopra qualcosa che e’ gia’ esistito. Consci di cio’ si e’ obligati a costruire in maniera da integrare cio’ che e’ stato per non infastidirlo.
Qui, invece e’ tutto spazio libero. Nonostante cio’, le citta’ sembrano volere appropiarsi di un passato che non e' il loro. Saluto le uscite per Cuba, Eureka, Salem, Vienna (tutte in Missouri).
A st.Luois c'e' il Gateway Arch perche' questa una volta era la porta del west. Chi arrivava qua si lanciava alla conquista di un pezzo di terra verso il  miglio quadrato di speranza che avrebbe dato la liberta' dai padroni.
A Cuba (Missouri) prendo un pezzo della Route 66, oramai una vecchia statale usata pochissimo, visto che in questo punto corre parallela all’autostrada a 4 corsie.
La Route 66 mette tristezza. Penso a “Furore”, penso a quei contadini che dopo avere coltivato il suddetto miglio quadrato, guadagnato con la corsa all’ovest, avevano sfruttato e impoverito le coltivazione che oramai non producevano che polvere.
La Route 66 indicava dove migrare, verso la California, inseguiti dalla Dust Bowl (vedi foto) e dalla fame della grande depressione. Verso il mare della California.
Perche’ e’ vero che questa terra e’ da riempire e lascia liberi di fare cio’ che si vuole.
Eppure la liberta’ inebria e non conosce limiti, nemmeno quello che dice che sfruttare un giardino senza cambiare cultura lo trasforma in un campo dove cresce solo la polvere (causa dei dust bowl). 
La notte non e’ fredda, abbiamo mangiato in un ranch un bufalo, la camaro rossa sfreccia rumorosa bevendo benzina come niente(lo so e’ una macchina da tamarri, ma ve l’ho detto, la liberta’ inebria e induce a fare cazzate).
E poi lasciando St.Louis s’e’ passati dalla cerebrale “Road to Nowheredei talking Heads, a “Going Nowhere” di Elliot Smith. Poi, una volta nella piana, solo Radio Redneck 101  ad ispirare la parte piu’ bovara della mia anima.
Inizio a capire questo posto, la liberta' che ispira, immagino che i prossimi post potrebbero avere l’odore del tobacco da masticare, con lunghe descrizioni della lenta vita bucolica che scorre all'insegna dell’elegia del west.

Poi, parlando con un indigeno (inteso come cowboy, non come indiano), mi dice che lui si sveglia ogni mattina alle 5.
Immediatamente ricalcolo le mie priorita' e accelero verso l’aeroporto di Kansas City, che si torni nella Manhattan vera, l’unica che noi fighetti metropolitani riconosciamo.
Tornero' a Central Park, a fare cio’ che piu’ mi aggrada: leggere, chiedermi che fine fanno le anatre di Central Park quando tutto ghiaccia. Mangiare al Thailandese, dove in questo peirodo fanno un ottima anatra all’arancia (localmente cresciuta).