Thursday 19 July 2012

Let's dance to Joy Division...

Nel 1977 moriva Elvis e nascevamo io e il punk (ma le 3 cose, che io sappia, non sono correlate).    
Io e il movimento punk ci proponevamo di fare tabula rasa di tutto cio’ che c’era stato prima del nostro avvento. 
I punk erano nichilisti, io mi divertivo a distruggere le cose che mi mettevano intorno, masticavo giocattoli, distruggevo deprecabili soprmibili e cosi via.  
Qualche anno dopo mi insegnarono a usare il giradischi.  
Il giradischi per un bambino e' un oggetto affascinante. Se avete meno di 30 anni non sapete cosa significhi prendere il disco in Gommalacca o vinile, depositarlo al centro del piatto alineando il pippiolino, passarvi sopra un panno di velluto mentre il disco gira, portare la testina, al punto esatto e farla scendere delicatamente tra le tracce.  
Sembra preistoria ma fino agli anni 90 si faceva cosi'.  
Da piccolo mi perdevo a guardare i dischi. 
Mi piacevano le copertine dei dischi che, essendo allorapiccolino, mi sembravano enormi.  
Ricordo ancora alcune di esse: i capelli arruffati di Bob Dylan, i capelli arruffati di Rino Gaetano, i capelli arruffati di Frank Zappa. 
Ma copertina che preferivo rappresentava delle line nervosa tracciate su uno sfondo nero: "Unknown pleasure" dei Joy division. 
Ora io so che quel tracciato rappresenta il tracciato di una stella morente e so che il grafico ha perfettamente senso perche’ il momento in cui una stella raggiunge la massima luminosita’ coincide con la sua esplosione, che era l'esatta metafora della parabola di Ian Curtis, il cantante dei Joy Division che si sarebbe suicidato nel 1979. 
Oggi so anche che i Joy division prendono il nome da Casa di bambola. In quell testo quell nome si riferiva alla baracca dove venivano mandate le prigioniere ebree costrette a prostituirsi con un cinico riferimento alla gioia in mezz alla piu’ desolante disperazione.  
So anche che i Joy division hanno continuato come “New Order” che hanno raggiunto il successo, ma a me quelle musicchicchie cacchie hanno sempre fatto venire in mente la frase di Guccini: “qualcuno è andato per formarsi, chi per seguire la ragione, chi perchè stanco di giocare, bere il vino, sputtanarsi ed è una morte un po' peggiore”.  
Ma tutto questo lo seppi dopo.  
Io allora non lo sapevo. Sapevo solo che mi piaceva quel disco nero, e mi piaceva quel tizio che cantava con una voce tutta storta. 
Pensavo che quel tizio si impegnasse proprio tanto per seguire la melodia della canzone, ma che proprio non ci riusciva e ne veniva fuori una voce senza modulazione.  
Io, non sapevo chi la cantasse o cosa dicesse, sapevo solo che tentava a fare una cosa e non ci riusciva...e che la musica mi metteva allegria e tristezza al tempo istesso.
Allegria. Tristezza. Joy Division.  
Qualche settimana fa la Disney, accettando un disegno proposto da un disegnatore, senza capire cosa rappresentasse. 
Ha messo in vendita una maglietta di Mickey Mouse ispirata ai Joy Division (anche se da li’ a poco il negozio avrebbe ritirato la maglietta).  
Vederla m'ha scucito un sorriso. Allegria Topolino e Depressione Curtis insieme. M'ha ricordato questa canzone dei Wombat che diceva:  
“Balliamo sui Joy Division, celebriamo l’ironia, tutto va male ma siamo cosi’ felici 
Balliamo sui Joy Division, innalziamo i calici, perche' tutto puo' andare a finire male, ma siamo cosi' felici.”
Quindi ho pensato che, tutto sommato, fosse un ottima  filosofia di vita, ed ho iniziato a guardare il mio futuro con un senso di giocondo ma rassicurante pessimismo.

Thursday 5 July 2012

Cronache del Dopobarba*

Lascio un commento su un blog amico. La pagina web mi chiede di dimostrare di non essere un robot scrivendo qualcosa in una finestrella.  
Svogliato digito: “portami tua sorella”. Mi mette davanti un altro codice da decriptare.  
Ultimamente tra piattaforme scomparse, foto dei vecchi post che svaniscono e commenti sempre piu’ difficili da fare non e’ un bel momento per i blog. Che poi a volte rimane da chiedersi se ci sia mai stato davvero un bel momento per i blog.
Vi ricordate come inizio’ tutto? 
Era solo il 2007 ma sembra un secolo: in Italia tutti parlavano di Second LifeLe istituzioni buttavano soldi reali per mettere dei palazzi virtuali su Second Life: il comune, la provincia, il governo. 
Quando tutti (tranne io e qualche altro) ebbero il proprio omino, si resero conto che, al di la’ di andare in giro la prima volta, non e’ che questa seconda vita servisse a tanto: troppo simile alla vita reale per essere interessante, troppo distante dalla vita reale per non preferire una sera fuori. Quella era anche l’epoca dei blog.  
Tutti a giocare ad esser scrittori, tutti interessati a vedere com’era il mondo descrito con le parole degli altri. 
Ci fu un periodo in cui tutti i libri erano scritti da blogger e pefino un sito inutile come questo blog, ricevevano 200 visite giornaliere (anche se il 50% del traffico si basava sulle poppe della Canalis). 
Ma i blog avevano un problema: richiedevano cura e tempo forse, ma non ne sono sicuro a 100%, una minima capacita’ di scrittura. 
La nuova frontiera, consistette nell’ allestire delle vetrine piene di dati personali, foto etc. In poche parole, arrivava l’era di Facebook.
Capisco la fascinazione della gente. Se seleziono 100 foto con cura, anche io sembro uno che fa una vita spettacolare, faccio cose, vedo gente etc. perche’ nella vita sono poche le pagine importanti, il resto, fa volume e a saperle selezionare si puo’ far credere quel che si vuole.
Pero’ noi siamo la somma di quelle pagine, mica solo quelle che mostriamo a degli amici. Amici? la maggiorparte dei contatti sono amicizie che s'erano perdute, ca cui abbiamo deciso di daredare un altra possibilita’.
Ho perfino sentito dire che i datori di lavoro reperiscono cosi’ informazioni su chi assumere. La cosa un po’ mi spaventa: un datore di lavoro cercasse il mio nome su Fb, non mi troverebbe, ma troverebbe un mio omonimo che annovera tra i suoi film preferiti: Montecarlo Gran casino’....poi mi chiedo come mai la mia carriera non procede velocemente come vorrei.  
...e la riflessione torna davanti a quel cursore, punto interrogativo pulsante di una domanda inevasa. Come dimostrare che non sono un robot? Il pensiero umano puo’ essere imitato, le foto, le esperienze vissute non dimostrano niente. Rinuncio, chiudo gli occhi e mi addormo, nella tela scura posso immaginare cio’ che voglio. 
Prima di dare il comando all’inconscio mi chiedo se sia l capacita’ di sognare che rende diversa una vita automatica e robotica, da una vita reale...poi quando mi addormo sogno di pecore elettriche.

* Il titolo fa riferimento a questo libro qua e al suo grande autore.