Friday 21 January 2011

Non e' un paese per vacche

 Mi si chiede come un italiano all’estero risponda a chi chiede lumi sulla situazione italiana.
 A costoro consiglio che, se vogliono mantenere la dignita’, conviene gettare un sonoro peto e allontanarsi (nella nube di zolfo) approfittando dell’effetto sorpresa.


Si, perche’ ci sarebbe davvero troppo da spiegare.
La verita’ e’ che l’Italia e’ sempre piu’ fuori dall’Europa e dalle democrazie occidentali.
Per esempio l’EU ci chiede di diminuire le quote latte mentre il nostro premier fomenta le vacche.
I reati non vengono puniti, perfino l’abigeato (furto di vacche).


Il problema dell'Italia sono gli Italiani.
Molti ancora oggi non capiscono come un premier rappresenti una nazione e come se costui si rende ricattabile indebolisca tutto il paese.
Un paese e' un marchio.
Faccio un esempio: giorni fa mi sono trovato a scegliere tra due oggetti tecnologici.
Simili prezzi, simili prestazioni. Uno Giapponese ed uno Cinese.
A parita' di requisiti di mercato ho valutato la nazione.
Giappone= tecnologia e investimento tecnologico
Cina= tendenza a copiare e pochi diritti umani
Ho scelto, magari a torto, il primo.


Pensate a uno straniero che si trovi nelle stesse condizioni.
Considerate a cio' che legge sui giornali: evasione fiscale e corruzione, tagli alla cultura e gravissima negligenza nei confronti del patrimonio artistico, ignoranza, sessismo e arroganza della classe politica (una per tutte quando il premier parla di investire in Italia per le belle donne davanti a manager stranieri: una platea di cui il 50% e' di sesso femminile).
E' difficile fare affari o essere presi sul serio dopo che chi rappresenta il tuo paese e' visto come un clown nella migliore delle ipotesi o come un uomo accusato di pedofilia e corruzione nella peggiore: diminuisce la credibilita' dell'intero sistema paese.
Per noi all'estero si fa tanta piu' fatica ultimamente a uscire dallo stereotipo di italiano, mafiosetto, incurante delle leggi e ossessionato dalle donne e dimostrarsi lavoratori seri.


I giornalisti esteri, come l'opinione pubblica estera non ci capiscono.
In tutto il mondo, dove la gente da le dimissioni non appena c'e' un sospetto di illegalita' (anche minima) ci guardano come a chiederci: "non avvertite l'anomalia?".
Io temo il momento in cui il Financial Times smettera' di predire la fine del Berlusconismo politico e iniziera' a chiedersi quando finira il Berlusconismo negli italiani.
Come diceva Gaber: "Non temo Berlusconi in sé ma Berlusconi in me".


La mia generazione, in comitiva, c’era chi leggeva Popper e chi se lo fumava.
A volte ho l’impressione che chi leggeva sia all’estero, un po’ fuga di cervelli, un po’ che si deve pur mangiare (fughe di pance).
I primi, abbiano continuato a fumarsi il cervello, comandando in Italia.
Nel mezzo, gente che il cervello lo ha ancora, ma sintonizzato sul canale sbagliato.
Che c’e’ gente che quando dici Italia pensa: “partigiani, "Bella Ciao", il rinascimento e Nilde Iotti”.

Che c’e’ gente che quando dici Italia pensa: “Italia Uno!”.
Comunque io nell'Italia ci credo ancora. 
 
Accendero' presto su questo blog una bandierina per il suo 150esimo compleanno.
Un po' perche' e' giusto ricordarne la storia. Un po' perche' ci tengo a dare un dispiacere ai blogger che credono nell'esistenza della Padania come entita' politica.


Per i 50 anni di Ken   vorrei rimandarvi al post piu' commentato di questo blog, che trovate   qua
.

Thursday 13 January 2011

Un post da fine di mondo

La fine del mondo da sempre si caratterizza da alcuni elementi costitutivi ben definiti.
Il Ragnarök, l’Amagideon o l’Armageddom si caratterizza oltre che per l’avere dei nomi da band metallare anche per l’inaspettato verificarsi di un ineluttabile evento e dalla coscienza che la volonta’ umana possa venir soggiogata da una volonta’ superiore (dio, la natura etc.)

Ora io non credo che siamo alla fine di un epoca, ne che succedera’ niente il 20/12/2012.
Ammetto che la fine del calendario Maya interroga il nostro animo almeno da quando all’universita’ finiva le pagine di un calendario.
Un senso di inquietudine mi assaliva; ma poi capii che l’anno della Feril
li veniva seguito quello della Bellucci, della Marcuzzi etc. insomma, la fine dii un calendario non comportava la fine del mondo, ma rappresentava solo una transizione e un cambio della rappresentazione del tempo, cosi’ come lo si era conosciuta fino a quel momento.
Ai fanatici delle date ricordo che i calendari li abbiamo fatti noi umani, e che noi europei andammo a letto il 4 Ottobre 1582 e ci risvegliammo il 15 (come passa il tempo quando ci si diverte e quando si passa dal calendario giuliano a quello gregoriano).
Eppure ultimamente ho visto accadere tutti gli elementi topici della fine di mondoi: I miei mi hanno chiesto di conoscere I genitori della mia ragazza.
Mentre all’inizio ho pensato fosse una cosa semplice mi sono detto d’accordo senza pensarci troppo.
La mia idea di conoscenza (immaginavo una coda informale come uno scambio di mail e una pizza in compagnia) diventava un evento che ineluttabilmente si compiva. Mentre la mia volonta’ veniva soggiogata a quella di un essere superiore: mia madre.
Le pizziata assumeva contorni sinistri tipo piatti di porcellana finissima e calici di cristalli di Bohemia del servizio buono.

Mio fratello alla vista di tutta questa formalita’ inventava scuse poco realistiche malcelando la sua voglia di non presenziare all’evento.
Di pari passo, la mia voglia di essere presente scemava e mi chiedevo se quella formalita’ costituisse il metodo migliore per “fare incontrare delle persone di natura cosi’ amichevoli, semplice e alla mano”.
Al Darawish in arabo significa “gente semplice” una loro canzone diceva: Cosa strana….e’ questa vita, amico mio, ora ridi, ora piangi, chissa’ se mai riuscirai a capirne il significato (...) tempo….in te abbiamo un giorno nuovo, magari sgorgasse dale tue labbra il racconto della fine dei nostri giorni.
 
Evidentemente anche i genitori di Nabil  che scrisse questo testo avevano voluto conoscere i genitori della sua compagnae anche per lui il tempo e' sembrato infinito (pare sempre dilatato il tempo che si passa appesi ai fili e pilotati come marionette).
Lo so che il finale di questo post c'entra poco col resto, ma non e' che potete pretendere troppo da "Falloppio: colui il quale e' sopravvissuto all'arma di fine di mondo".